Non è possibile compiere adeguate scelte di risparmio e investimento senza conoscere almeno le basi della finanza. Accrescere il proprio grado di alfabetizzazione finanziaria è infatti essenziale per prendere decisioni sane e consapevoli
Torniamo su un punto dolente: la financial literacy, ovvero l’alfabetizzazione finanziaria degli italiani. Se ne è occupata in un recente lavoro la Banca d’Italia, mettendo le nostre competenze a confronto con quelle riscontrate negli altri Paesi del G20. È emerso – e non stupisce, alla luce delle precedenti indagini in materia condotte anche da altri organismi – che tali competenze sono molto basse rispetto agli standard internazionali, in particolare per quanto riguarda la conoscenza dei concetti di base e la tendenza a mettere in pratica comportamenti “sani” nella gestione delle risorse e del bilancio familiare. Tuttavia, gli italiani sono anche consapevoli dei loro limiti.
Italia fanalino di coda dell’educazione finanziaria. Il livello generale di alfabetizzazione finanziaria in Italia, lo abbiamo detto, è uno dei più bassi tra i Paesi del G20. Fra i punti deboli c’è la conoscenza dei concetti economici di base, e non solo: gli italiani sono anche meno propensi degli altri a mettere in pratica comportamenti virtuosi, come per esempio la stesura di un bilancio familiare. E sono tre le categorie presso le quali la financial literacy è particolarmente modesta: le persone meno istruite, gli anziani e le donne. Un divario che, nel complesso, è ben evidente nel grafico qui sotto.
Qualche lato positivo. Non tutto è perduto, comunque. Va detto infatti che noi italiani siamo vicini alla media del G20 per quanto riguarda gli atteggiamenti di lungo periodo. In più, gli intervistati selezionati nel nostro Paese si sono rivelati più consapevoli di altri dei loro limiti: gli individui troppo sicuri di sé rappresentano poco più del 20%, una quota più bassa rispetto a quella di altri Paesi sviluppati. E questo è un bene, se si considera che le persone che peccano di eccessiva sicurezza in se stesse corrono un rischio maggiore di subire perdite a causa di investimenti sbagliati, o di fornire accidentalmente informazioni finanziarie personali, oppure, ancora, di rendere inavvertitamente possibile l’uso non autorizzato delle loro carte di pagamento.
Perché conoscere è importante. Ma perché la financial literacy è così importante? È presto detto: vi mettereste mai al volante di un mezzo pesante senza aver mai conseguito la relativa patente? Facile immaginare che la risposta sia “no”. E per chi di voi fosse appassionato di grandi dinastie industriali, ecco un’altra domanda: i capitani e le capitane delle imprese familiari italiane, secondo voi, passano il testimone alle generazioni successive senza prima averle adeguatamente preparate oppure dopo un ragionevole periodo di affiancamento, apprendimento e pratica? A nostro modesto parere, la risposta corretta è la seconda. E se tutto questo è vero, cosa vi porta a credere di poter organizzare il vostro bilancio familiare senza avere almeno le basi della finanza? Come potrete mai scegliere il mutuo per la casa più adatto a voi senza conoscere la differenza tra TAN e TAEG e le implicazioni del tasso fisso o del variabile?
L’illusione della “posta in gioco”. Su questo tema – a conferma del fatto che non è affatto di scarso rilievo – insiste molto il Premio Nobel per l’Economia Richard Thaler, esperto di altissimo profilo di finanza comportamentale, che fra le altre cose ha smentito una comune credenza: quella, cioè, secondo cui quando la posta in gioco è alta (per esempio, un mutuo per la casa o un investimento per la pensione) noi diventiamo magicamente lucidi e razionali e dunque capaci di decidere per il meglio. Non è così: la probabilità di agire in modo irrazionale di fronte a una scelta, dice Thaler, è la stessa sempre, che ci si trovi di fronte al menu di un ristorante o davanti a una proposta di finanziamento o investimento. Peraltro, non sempre chi ci consiglia è in buona fede e l’alfabetizzazione finanziaria ci può difendere da chi conta di poter fare leva sulla nostra ignoranza. Poi, è ovvio: la conoscenza non ci preserva sempre e in ogni caso dagli errori. Ma, almeno, ci può mettere al riparo da quelli più clamorosi.
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