Dalla crescita all’occupazione, passando per l’evasione fiscale e il debito pubblico: secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico l’economia italiana è ufficialmente in stallo
Non ci sono molti spiragli positivi nell’ultimo rapporto annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) sullo stato dell’economia italiana presentato a Roma dal segretario generale Angel Gurría. Una bocciatura su tutti i fronti, che fotografa in tonalità di grigio scuro la situazione del nostro Paese. L’istituto che ha sede a Parigi conferma le sue previsioni, secondo le quali nel 2019 l’Italia sarà l’unico Paese in Europa ad andare in recessione. E sottolinea nuovamente l’urgenza di sviluppare politiche volte a supportare la crescita. Ma è sulle due misure cardine introdotte dal governo che si concentra maggiormente il report, non risparmiando osservazioni critiche.
Dopo una modesta ripresa, l’economia si sta indebolendo. Il rapporto sull’Italia inizia segnalando come dopo una ripresa “modesta” l’economia si stia già indebolendo. Secondo le previsioni OCSE, infatti, il PIL dovrebbe registrare una contrazione del -0,2% nel 2019 e un aumento del +0,5% nel 2020. Una previsione più negativa della “crescita zero” su cui lo stesso ministro dell’Economia Tria aveva concordato nei giorni precedenti. Al tempo stesso, a causa della mancata crescita e dell’aumento del deficit di bilancio, il rapporto debito/PIL potrebbe raggiungere già quest’anno il 134%. “Oggi l’economia italiana è ufficialmente in stallo”, ha puntualizzato Gurría, aggiungendo che l’Italia “continua ad affrontare significativi problemi in campo economico e sociale”. Inoltre, secondo l’Organizzazione, le politiche di bilancio espansive, correlate a una debole crescita, faranno inevitabilmente lievitare il disavanzo delle finanze pubbliche, il quale passerà dal 2,1% del PIL nel 2018 al 2,5% nel 2019.
Il reddito di cittadinanza? Potrebbe incoraggiare il lavoro nero. Oltre alle previsioni non molto rosee sull’economia italiana, non sono mancate pesanti osservazioni sul reddito di cittadinanza. Anche se secondo l’istituto parigino la riforma persegue giustamente l’obiettivo di supportare i cittadini poveri, gli effetti positivi sull’occupazione rischiano di rivelarsi scarsi, poiché la sua efficacia dipenderà in misura cruciale da sostanziali miglioramenti nei programmi di formazione e ricerca. Ma non solo. La preoccupazione è che il sussidio previsto dal governo incoraggi “l’occupazione informale”. In altre parole, i vari lavori in nero. L’OCSE suggerisce quindi di “abbassare e ridurre progressivamente nel tempo le prestazioni previste, introducendo un sussidio alternativo per i lavoratori occupati a basso reddito, in modo da incoraggiare i beneficiari a cercare un impiego nel settore formale”.
La bocciatura dell’abbassamento dell’età pensionabile. Ancora più evidente è la bocciatura OCSE su Quota 100, che secondo le previsioni “rallenterà la crescita nel medio termine, riducendo l’occupazione tra le persone anziane e accrescendo la diseguaglianza generazionale”. Gurría ha inoltre voluto aggiungere come non sia automatico che per ogni pensionato ci sia un nuovo assunto: “non c’è una base teorica né pratica a tale assunto” e “non è così logico, abbiamo molti casi e molti studi che dicono che non è così”. L’OCSE, anche qui, raccomanda all’Italia di abrogare le modifiche alle regole sul pensionamento anticipato e di mantenere il nesso tra l’età pensionabile e la speranza di vita.
I giovani? Sono costretti a emigrare. A rincarare la dose non mancano le statistiche sul tenore di vita degli italiani che, secondo le stime OCSE, è quasi pari a quello rilevato nel 2000. Ma non è solo rimasto invariato rispetto a 20 anni fa: è anche nettamente inferiore al picco precedente la crisi. E l’Italia è l’unico Paese europeo a non aver accresciuto il proprio reddito pro capite negli ultimi anni. Oltretutto, la qualità del lavoro è bassa e la discrepanza tra gli impieghi e le qualifiche dei lavoratori è elevata, se raffrontata su scala internazionale. Conseguenza della ricchezza “statica” e della penuria di opportunità professionali è anche il comportamento delle giovani generazioni, costrette a emigrare, fenomeno che aggrava il processo di già rapido invecchiamento della popolazione. Per questo l’OCSE lancia una proposta di riforme pluriennali che farebbero passare – entro il 2030 – la crescita annuale del PIL dallo 0,6% previsto con le politiche attuali all’1,5%.
Un vasto pacchetto di riforme. Il quadro stilato dall’OCSE sull’Italia non è del tutto nero: l’istituto parigino conferma infatti come negli ultimi anni le esportazioni, il consumo privato e gli investimenti abbiano trainato la crescita economica italiana, rafforzata da una transizione delle industrie esportatrici verso prodotti a più elevato valore aggiunto. Nondimeno, il tasso di occupazione è aumentato di 3 punti percentuali dal 2015 e la salute del sistema bancario è migliorata. Ma, insiste l’OCSE, per affrontare le sfide strutturali future “è necessario un pacchetto di riforme pluriennali che consenta una crescita più solida e inclusiva e ripristini la fiducia nella capacità del Paese di avviare riforme”. Migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione, incrementare la lotta all’evasione fiscale e attuare una spesa pubblica più efficiente e mirata: sono queste le riforme che secondo Parigi aiuterebbero a favorire una crescita più solida e inclusiva.
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