Per gli intermediari tradizionali l’innovazione è fondamentale. Ma secondo un’indagine Bankitalia vincoli normativi e strutture pre-esistenti spesso frenano una più ampia adozione di soluzioni FinTech. Ecco perché
Conclusione di contratti e operazioni bancarie a distanza, big data e intelligenza artificiale, pagamenti istantanei peer to peer e servizi automatizzati per il cliente (tra cui la roboadvisory). Sono questi i principali progetti FinTech su cui banche e intermediari finanziari tradizionali stanno concentrando le proprie energie, seguiti da crowdfunding, tecnologie di registro distribuito (blockchain) e, in misura esigua, valute virtuali.
Investimenti FinTech: pochi e frammentati. Ma le risorse – economiche e umane – dedicate a queste attività sono ancora modeste, anche perché diversi fattori remano contro lo sviluppo del FinTech all’interno delle realtà tradizionali. A partire dalla normativa esistente e dalla difficoltà di smantellare strutture e modelli organizzativi ormai consolidati. A rilevarlo è un’indagine condotta dalla Banca d’Italia, a cui hanno risposto 86 intermediari: i 13 maggiori gruppi bancari italiani (significant institutions); 51 gruppi bancari meno rilevanti (less significant institutions); 18 intermediari non bancari e 4 filiazioni italiane di banche europee. Dai risultati dello studio è emerso che c’è una certa consapevolezza circa l’importanza del FinTech (i tre quarti degli intermediari prevedono di fare investimenti nel settore). Ma all’atto pratico, le risorse stanziate nel corso di tutto il 2016 sono state pari nel complesso solo a 135 milioni di euro (per il 92% riconducibili alle 13 banche più grosse del campione), per di più frammentati su oltre 280 progetti.
Le tecnologie più gettonate dalle banche. Nel dettaglio, il 25% dei progetti FinTech segnalati nel 2016 riguardano lo sviluppo di tecnologie per la conclusione di contratti e operazioni a distanza: in questa categoria ricadono tutte le iniziative per la gestione dell’identità elettronica e per il riconoscimento a distanza del cliente, fondamentali per la sottoscrizione online di servizi finanziari, tra cui anche le attività di integrazione con il Sistema pubblico per l’identità digitale, meglio noto come SPID. Un’altra area che ha attirato l’interesse di banche e intermediari (23% dei progetti) è quella dei servizi di pagamento istantaneo tra privati da mobile (i cosiddetti pagamenti peer to peer), a parimerito con le tecnologie “di supporto”, quali big data, intelligenza artificiale, cloud computing, open API (application programme interface) e internet of things. Il 16% dei progetti riguarda poi la consulenza finanziaria automatizzata (roboadvisor), su cui sono stati investiti in tutto 700mila euro nel corso del 2016, i portali per la comparazione di offerte di servizi finanziari o assicurativi, i servizi informativi sui conti del cliente e l’automazione dei rapporti con la clientela tramite soluzioni di intelligenza artificiale (ChatBox). Il 9% dei progetti è dedicato al crowdfunding, mentre solo alcune grandi banche hanno segnalato iniziative che contemplano l’utilizzo della tecnologia di registro distribuito (8%), e ancora più residuale è il ruolo ritagliatosi dalle valute virtuali (2%). Per le banche definite “significative” la priorità nell’adozione di soluzioni FinTech sembra quella di “riorganizzare profondamente il proprio modello distributivo, alleggerendo da un lato la rete distributiva e accrescendo dall’altro il livello di digitalizzazione dei servizi offerti alla clientela”, rileva Bankitalia.
Gli ostacoli a una più ampia adozione di soluzioni FinTech. A conti fatti però, soltanto 10 intermediari su 86, di cui 6 banche, hanno istituito unità organizzative ad hoc per lo sviluppo e l’integrazione dei servizi FinTech, e pure le risorse umane dedicate appaiono limitate (500 risorse Full Time Equivalent nelle banche e 60 negli intermediari non bancari). Evidentemente dunque esistono degli ostacoli oggettivi a una più ampia diffusione della tecnologia nel mondo della finanza: stando allo studio di Bankitalia, l’attuale regolamentazione in materia di tutela della privacy imporrebbe eccessivi vincoli per lo sviluppo di soluzioni FinTech in ambito bancario, così come gli obblighi connessi alla normativa per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo. Un altro ostacolo rilevato dai player tradizionali risiede nella complessità del quadro normativo di riferimento in materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti verso i clienti nell’ambito della prestazione di servizi bancari e finanziari. Al contrario, il quadro regolamentare che disciplina l’utilizzo degli strumenti digitali appare ancora incerto e poco armonizzato a livello internazionale. Normativa a parte, gli intermediari hanno indicato altri ostacoli all’adozione delle soluzioni FinTech – specialmente per quanto riguarda servizi di pagamento e servizi automatizzati per la clientela – tra cui la necessità di sviluppare presidi di sicurezza informatica (con i costi che ne conseguono), la difficoltà di integrazione con le infrastrutture informatiche preesistenti e l’esistenza di assetti organizzativi e processi operativi ormai consolidati e difficili da modificare. Ma a rallentare l’evoluzione tecnologica ci sono anche freni di natura più strategica: per quanto riguarda nello specifico tutta l’area degli instant payment, rileva ancora Bankitalia, è stato segnalato infatti il timore che questa nuova tecnologia possa comportare, in prospettiva, la parziale disintermediazione del circuito bancario e quindi una diminuzione dei margini per le banche.
Le banche saranno artefici della propria fortuna. Infine non è da sottovalutare l’ingresso nel mercato finanziario Italiano di player Over the top – come Google, Apple e Facebook – che potrebbero accaparrarsi la clientela più dinamica, maggiormente propensa a utilizzare i servizi FinTech. La sensazione in definitiva è che, pur partendo da una posizione privilegiata, gli intermediari tradizionali potrebbero perdere progressivamente centralità nel sistema finanziario. Anche se è difficile prevedere sin da ora la capacità delle imprese FinTech di sottrarre quote di mercato e margini di profitto alle banche, conclude l’autorità di via Nazionale, “lo scenario futuro sarà sicuramente influenzato dalla capacità di adattamento e di innovazione dell’industria finanziaria”, ma – riconosce Bankitalia – anche “dalle scelte normative dei regolatori”. In ogni caso, appare evidente che le dinamiche competitive e le condizioni per rendere efficienti le banche sono destinate a modificarsi sull’onda della rivoluzione tecnologica che ha travolto il settore.
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