Green deal: investimenti per far fronte alla crisi climatica ed economica

L’ambizioso programma della Commissione europea mira a trasformare il vecchio continente nel primo blocco di Paesi a impatto climatico zero entro il 2050. La crisi scatenata dal coronavirus farà slittare l’iniziativa o darà ulteriore impulso alla politica ambientale dell’Europa?

Se ci aspettiamo un incremento della spesa pubblica per uscire dall’attuale stagnazione economica, è lecito anche attendersi una maggiore attenzione verso le attività green. Le recenti dichiarazioni della Presidente della Commissione Europea – Ursula von der Leyen – sembrano propendere per questa seconda ipotesi, individuando nei progetti sostenibili il principale motore per far ripartire l’economia.

A marzo, infatti, la Commissione ha approvato il Green Deal, un importante programma per contrastare il cambiamento climatico, che mira a trasformare il vecchio continente nel primo blocco di Paesi a impatto climatico zero entro il 2050.

L’attenzione dell’Ue verso il cambiamento climatico. Lo scopo principale del Green Deal è l’azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2050. L’Ue da sempre ha mostrato una particolare attenzione al tema della sostenibilità e già prima dell’approvazione del Green Deal aveva iniziato a modernizzare e trasformare l’economia con l’obiettivo della neutralità climatica. Tra il 1990 e il 2018 l’Europa ha ridotto del 23% le emissioni di gas a effetto serra, mentre l’economia è cresciuta del 61%. Tuttavia, mantenendo le attuali politiche, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra sarebbe limitata al 60% entro il 2050, mentre il Green Deal punta all’azzeramento.

Gli strumenti previsti per ridurre le emissioni. Per raggiungere l’azzeramento delle emissioni, la Commissione ha previsto un piano di investimenti di 1.000 miliardi di euro per i prossimi 10 anni: l’Europa dovrà indirizzare l’1-2% del suo PIL annuale verso la green economy, comprese le nuove infrastrutture, gli appalti pubblici, ricerca e sviluppo e la riconversione industriale. Il motore finanziario del progetto sarà il Meccanismo di transizione equa, che si basa su tre canali di finanziamento principali: innanzitutto, ci sarà un fondo specifico proveniente dalle casse dell’Unione, che stanzierà 7,5 miliardi. Gli Stati potranno beneficiare di questo denaro, integrandolo con i contributi provenienti dal fondo sociale europeo Plus, dal fondo europeo di sviluppo regionale e da eventuali risorse nazionali.

Su quali settori il Green Deal avrà il maggiore impatto? Per far sì che il consumo finale di energia da fonti rinnovabili aumenti dal 20% al 32% entro il 2030, gli investimenti nel settore dovranno crescere del 5% ogni anno per i prossimi dieci anni. Questo accrescerà la domanda di energia pulita favorendo tutte quelle società attive sul fronte sostenibilità. Altri settori che subiranno un forte impatto dal programma green europeo sono i trasporti, responsabili di oltre un quarto delle emissioni di CO2 in Europa e l’edilizia che richiederà importanti interventi per l’efficientamento energetico dei materiali di costruzione.

La finanza dovrà collaborare. Anche sul fronte della finanza pubblica c’è sicuramente molto da fare e questa potrebbe essere l’occasione per fare uno scatto in avanti. Al contrario, la finanza privata sembra essersi messa in moto già da tempo sul fronte della sostenibilità ambientale: tra il 2012 e il 2018, il valore delle attività gestite da fondi comuni “responsabili” europei è raddoppiato. Inoltre, c’è stata una enorme crescita a dei cosiddetti green bonds, titoli di debito utilizzati per finanziare attività “verdi”: tra il 2014 e il 2019, le emissioni di green bonds a livello mondiale sono quintuplicate, passando da meno di 50 miliardi di dollari a oltre 250.

Green deal come parte del piano anti recessione. Il Green Deal annunciato dalla Commissione è solo la punta dell’iceberg e va letto e inserito in un più ampio contesto di investimenti, tra cui quelli previsti dal Recovery Funds, il piano anti recessione dell’Europa che promette di mobilitare fino a 750 miliardi di euro tra sussidi a fondo perduto (500 miliardi) e prestiti ai governi nazionali (250 miliardi).
Usare bene questi soldi rappresenta una sfida importante: le ingenti misure fiscali previste per far fronte alla crisi sanitaria ed economica potrebbero essere una grande opportunità per fare investimenti green, in settori quali l’energia rinnovabile, l’efficienza energetica degli edifici, l’istruzione e così via.
Coordinare le due iniziative, Recovery Fund e Green New Deal, è assolutamente necessario per dare un impulso decisivo alla politica ambientale europea, anche se non sarà un compito semplice, poiché ciascuno dei due programmi comprende numerosi progetti e diversi attori da coinvolgere. C’è bisogno quindi di un’azione unica, decisa e coordinata. Questa volta, l’Europa dovrà agire come attore unico e non come un insieme di Stati.

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