Protagonista assoluto del mese è stato il nostro Paese, tra i tentativi di formare il "governo del cambiamento" e il riemergere impetuoso delle spinte anti-euro. L'Italia è tornata a rappresentare un'incognita e azioni e bond ne hanno pagato le conseguenze
Un maggio difficile. Se il mese scorso, con il principale indice di Piazza Affari – il Ftse MIB – verso i 24 mila punti e il rendimento del BTp su livelli di placida serenità, potevamo scrivere “aprile dolce investire”, stavolta possiamo scandire, senza tema di smentite o quasi, “a maggio ci vuol coraggio”.
Strada in salita per il nuovo governo. In Italia si è avverato quello che i mercati avevano individuato come uno scenario molto rischioso: l’intesa Lega-M5S per il nuovo governo. E fin qui, come dire: è la democrazia, bellezza. Ma poi, il 15 maggio, una novità che è andata di traverso agli investitori: l’Huffington Post Italia ha diffuso la bozza del contratto Lega-5Stelle per la formazione del “governo del cambiamento”, dove si parlava di uscire dall’euro e di cancellare 250 miliardi di debito con la BCE. Bozza subito definita “superata” da ambo le parti, ma sufficiente a creare una prima ondata di scompiglio. Dopo giorni di “tira e molla”, sembrava che l’avvio del nuovo governo Lega-5Stelle fosse questione di ore. E invece no.
Sui mercati scatta il panico. Domenica 27 maggio il tavolo tra Quirinale e forze politiche per l’avvio del “governo del cambiamento” è saltato e il 28 e 29, sui mercati, è stato il panico, a conferma del fatto che non c’è niente che agli investitori piaccia meno dell’incertezza. Il Ftse MIB, indice di riferimento della Borsa Italiana, è sceso sui 21 mila punti. A essere bastonati sono stati soprattutto i titoli bancari per via del parecchio debito italiano che hanno nei portafogli le società del settore: basti pensare che il Ftse Italia Banche ha perso quasi il 20% in un mese. E a proposito di debito: le aste dell’ultima settimana di maggio si sono chiuse con rendimenti che non si vedevano da tre-quattro anni, positivi perfino per quelle scadenze corte che da tempo avevano il segno meno davanti (BOT e compagnia). Dato il rialzo dei rendimenti, il differenziale BTp-Bund è schizzato sopra i 300 punti base dai 120 di inizio mese e, soprattutto, lo ha fatto con una rapidità allarmante. Poi, il 30, si è riaperto il dialogo tra Lega-5 Stelle e Quirinale e i mercati hanno un po’ rifiatato. Ma il mese si è comunque chiuso con il -9% circa del Ftse MIB.
Anche l’euro sull’ottovolante. E nella centrifuga non poteva non finire anche l’euro: la moneta unica, che per settimane dopo il voto ha oscillato tra l’1,23 e l’1,24 sul dollaro USA e da fine aprile ha invece iniziato a scendere, è scivolata fino all’1,16, deprezzandosi anche rispetto alle altre principali valute.
Iran, Venezuela e le altre. Il petrolio, che aveva ripreso vigore, nell’ultima parte del mese ha ripiegato, complice ovviamente la geopolitica. Maggio è stato il mese che ha visto gli Stati Uniti dare il benservito all’accordo sul nucleare iraniano e il Venezuela tornare al voto, da cui è uscito vincitore – anche se nel quadro di un’affluenza in calo e nel timore di irregolarità – Nicolas Maduro. Iran e Venezuela sono due importanti esportatori: le rinnovate sanzioni USA sul primo e il protrarsi della drammatica situazione politico-economica del secondo hanno gettato le basi per un possibile calo delle forniture mondiali e quindi hanno fatto salire il prezzo. Poi, però, Arabia Saudita e Russia – ben felici di compensare l’offerta a cui Teheran e Caracas non riusciranno più a far fronte – hanno annunciato che stanno discutendo dell’eventuale allentamento dei limiti alla produzione introdotti nel 2017: il giro di boa potrebbe arrivare con il meeting dei Paesi produttori di giugno.
Dazi on the way. Il presidente USA Donald Trump ha continuato a picchiare duro sui dazi. Con la Cina ha fatto sapere che le discussioni sono solo agli inizi. Sul tavolo delle trattative è finita anche l’azienda ZTE, alla quale, per espresso divieto di Washington, le imprese USA non potevano più vendere software e componenti perché accusata di aver violato le sanzioni statunitensi contro Iran e Corea del Nord (e infatti rischia una multa miliardaria). L’azienda ha sfiorato il fallimento, ma Pechino ha ottenuto da Washington la revoca del divieto. Niente esenzione per l’UE dai dazi su alluminio e acciaio: l’Unione Europea ha già pronta la lista dei prodotti USA da colpire.
Incontro sul nucleare. Le diplomazie sono al lavoro, come si dice, per organizzare l’incontro fra Trump e il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, in calendario il 12 giugno a Singapore. Trump lo aveva annullato con una lettera dai toni cordiali (ma, visto il tema “esplosivo”, anche un po’ apocalittici) al primo accenno di inasprimento dei toni da parte di Pyongyang. Ora sembra che il dialogo sia ripreso. Incrociamo le dita.
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