La MiFID II sottolinea l'importanza della profilazione del cliente. Oggi spieghiamo cosa significa e perché è così importante mettere bene a fuoco il profilo di ciascun risparmiatore prima di consigliargli come investire
Una consulenza finanziaria “su misura”. Quando un cliente entra in sartoria per comprare un abito, il sarto non gliene vende uno a caso ma gli prende le misure di braccia, gambe, circonferenza dei fianchi e larghezza delle spalle per poter poi confezionare un vestito che sia davvero adatto a lui e a nessun altro. Un consulente finanziario deve fare la stessa cosa prima di consigliare l’investimento migliore per un determinato cliente. Stiamo parlando dell’attività di profilazione della clientela prevista dalla nuova Markets in Financial Instruments Directive, entrata in vigore a gennaio 2018 nella sua versione 2.0 (la cosiddetta MiFID II). La nuova normativa, tutta improntata a una maggiore trasparenza e a una migliore protezione del cliente, prevede infatti che il consulente finanziario raccolga ogni informazione utile a inquadrare le conoscenze e le esperienze del cliente per poterlo indirizzare sulla strada giusta, verso il raggiungimento dei propri obiettivi. Come? Facendogli compilare al cliente un questionario, che si chiama appunto “questionario MiFID”.
Perché il questionario MiFID è importante. Elaborando le risposte – che indagano diverse dimensioni, dalle competenze alla propensione al rischio – il consulente fa una sorta di ritratto finanziario del cliente. Conosce abbastanza l’investimento che ha di fronte? Sa realmente ciò che sta facendo? Che obiettivi ha? Che durata (“orizzonte temporale”) dovrebbe avere l’investimento? Quanto rischio può sopportare? Ma non finisce qui. Il questionario va anche a indagare lo stato matrimoniale e familiare del cliente – con particolare riguardo alla presenza di figli e all’età di tutti i componenti della famiglia – il tipo di lavoro e il bisogno di liquidità negli investimenti.
Trasparenza a doppio senso di marcia. Tutte queste informazioni servono al consulente per formulare un’offerta il più possibile adeguata alla persona che si trova di fronte: condividerle, quindi, conviene innanzitutto al cliente. Ha poco senso mentire o fornire risposte incomplete. Sarebbe un po’ come andare dal medico e tacere alcuni sintomi o cattive abitudini (“fumo al massimo due o tre sigarette al giorno”, e invece magari è un pacchetto): per quanto il dottore sia bravo, gli sarebbe impossibile formulare una diagnosi corretta e prescrivere la cura più giusta. Insomma, la trasparenza tanto invocata da MiFID II deve essere bidirezionale: sicuramente dal consulente al cliente, ma anche dal cliente al consulente. Il questionario serve per formulare una valutazione, che la normativa definisce “di appropriatezza e adeguatezza”. In sostanza, la valutazione d’appropriatezza è essenziale per sincerarsi che il cliente abbia compreso i rischi e la complessità associati all’investimento e che abbia l’esperienza e la consapevolezza necessari per investire in quel prodotto. La valutazione di adeguatezza è più completa, perché mira anche ad appurare che l’investimento sia allineato agli obiettivi, alla capacità di sopportare i rischi e all’orizzonte temporale del risparmiatore. La valutazione del profilo del cliente va ripetuta almeno una volta l’anno, mentre l’adeguatezza del portafoglio rispetto al profilo del cliente deve essere monitorata nel continuo.
Mifid 2, una revisione necessaria. Il miglioramento del questionario di profilazione, portato con sé dalla normativa Mifid 2, nasce da un’esigenza concreta. Stando alle informazioni rese note di recente dall’Arbitro per le controversie finanziarie – organismo della Consob nato un anno fa per risolvere le liti tra risparmiatori e istituti finanziari evitando le vie legali – esiste una sostanziale carenza informativa nel momento in cui il risparmiatore viene indotto a compiere una scelta di investimento. Di più: analizzando i ricorsi inviati nel 2017 all’istituto, è emerso che la fase più delicata sembra essere proprio quella della profilazione del cliente. Da un lato, il risparmiatore ha un atteggiamento superficiale e un po’ passivo: non fa domande, non chiede chiarimenti e si lascia condurre totalmente dal consulente. Dall’altro lato, gli intermediari tendono a fare molta attenzione all’aspetto formale/burocratico, ma badano poco alla sostanza, ovvero non si preoccupano troppo che il cliente abbia davvero capito che cosa sta comprando. L’entrata in vigore della nuova normativa MiFID II – e del nuovo questionario, più approfondito – dovrebbe migliorare la trasparenza e semplificare la comprensione dei prodotti da parte dei risparmiatori.
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