Come funziona il Social Mood on Economy dell’ISTAT, un indice sperimentale che consente di avere un’idea sugli stati d’animo degli italiani in riferimento a eventi di tipo economico
Uno strumento di analisi delle opinioni in grado di misurare, attraverso Twitter, le variazioni giornaliere dello stato d’animo degli utenti rispetto a eventi di carattere economico. Esiste veramente? Certo che sì, e in questi tempi di sentiment analysis diffusa e penetrante la cosa non dovrebbe stupire. Si chiama Social Mood on Economy Index ed è un indice sperimentale realizzato dall’ISTAT, il nostro istituto nazionale di statistica. Tutto è iniziato nel 2017 quando, in linea con il percorso intrapreso dall’Eurostat e da altri istituti di statistica, l’ISTAT ha iniziato a produrre sperimentalmente alcune informazioni utilizzando metodi innovativi nella produzione di dati. E andando così a scandagliare le informazioni e le riflessioni che ogni giorno affidiamo ai nostri account Twitter.
Perché proprio Twitter? Milioni di italiani usano a cadenza quotidiana i social media per informarsi, per esprimere i propri stati d’animo, per condividere opinioni e riflessioni e anche per dibattere gli argomenti più disparati. Questo caratterizza tutti i social media, ma in particolare Twitter, che più di altri raccoglie pensieri, commenti e valutazioni su eventi di tipo sociale ed economico. Questo fa di Twitter uno degli strumenti più promettenti per prendere le misure degli stati d’animo degli italiani. E proprio in considerazione di ciò, l’ISTAT lo ha assunto come ambiente di riferimento per la sperimentazione di tecniche di sentiment analysis.
Cos’è la sentiment analysis? La sentiment analysis – anche nota come analisi delle opinioni o opinion mining – riguarda appunto l’acquisizione di informazioni attraverso l’elaborazione del testo e del linguaggio. Viene spesso applicata ai social media, per esempio per finalità di marketing. Ma non solo, come dimostra l’esperienza del Social Mood on Economy Index dell’ISTAT. Questo indice, in particolare, è alimentato solo da tweet pubblici, che sono visibili a tutti, anche a chi non ha un account Twitter. “La cattura dei tweet”, precisa l’ISTAT, “avviene senza selezionare specifici utenti di Twitter e senza tracciarne l’attività”. L’indice usa esclusivamente dati anonimizzati e non linkati: in altre parole, gli autori dei messaggi sono ignoti all’Istituto di statistica. E comunque, in nessun caso il testo di un tweet potrà mai essere ricostruito analizzando i valori dell’indice.
Come funziona il Social Mood on Economy Index? Lo spiega lo stesso ISTAT in una nota. In sostanza, l’istituto ha sviluppato “una procedura che usa la Streaming API (Application Programming Interface) di Twitter per raccogliere campioni di tweet che soddisfano un ‘filtro’ appositamente progettato, costituito da 60 parole chiave prevalentemente derivate dal questionario dell’indagine mensile sulla fiducia dei consumatori. La procedura di calcolo dell’indice giornaliero elabora tutti i tweet raccolti in un giorno (circa 47 mila) come un unico blocco. I messaggi vengono prima ‘puliti’ e ‘normalizzati’, quindi analizzati con tecniche di sentiment analysis sulla base di una selezione di lemmi associati a punteggi di sentiment positivo o negativo precalcolati”.
Cosa ci dicono gli ultimi dati disponibili? L’istituto di statistica rende disponibile la serie storica giornaliera dell’indice, relativa al periodo che va dal 10 febbraio 2016 al 31 dicembre 2018. Maggiore è il valore dell’indice, migliore è il sentiment. Tra gli argomenti più discussi nel giorno dei principali picchi ci sono il rally dei mercati finanziari dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America (novembre 2016), il discorso del Papa all’Ilva di Genova (quando disse che “il vero scopo non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti”, nel maggio del 2017) e il rinnovo dell’opportunità di pensionamento anticipato “Opzione Donna” per le lavoratrici (giugno-luglio 2017). Fra i temi trattati sulla piazza di Twitter nei giorni di “bassa”, invece, figurano – forse non a caso – i dati sulla povertà e quelli sulla disoccupazione, in particolare giovanile.
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