La rivoluzione sostenibile delle alghe commestibili

La sfida della sostenibilità passa anche dal food. Antonio Idà di Algaria, startup vincitrice della ING Challenge, ci presenta un nuovo alleato per un'alimentazione sana e a impatto zero: l'alga spirulina

La produzione di cibo è uno dei settori decisivi nella sfida globale per la sostenibilità. Uno dei protagonisti di questa nuova frontiera è un’alga commestibile chiamata spirulina, una biomassa dalle straordinarie proprietà nutrizionali. Algaria è la startup italiana che ha deciso di raccogliere questa sfida, tre anni fa, producendo la spirulina in un impianto a impatto zero per inserirla in un’ampia gamma di prodotti: dolci, spaghetti, risotti, frullati. Algaria ha recentemente vinto la tappa Everyday Green di  ING Challenge: ci siamo fatti raccontare dall’ideatore di questo progetto, Antonio Idà, la storia e le prospettive di questa idea rivoluzionaria. A partire dal nome del prodotto di Algaria, Spireat, un gioco di parole che unisce «Spir» – come spirulina, e «eat», come mangiare.

Antonio Idà, CEO & Cultivation Manager di Algaria, vinche Everyday Green, seconda tappa della ING Challenge

Qual è l’idea di fondo di Spireat? «Crediamo che come umanità abbiamo il dovere di cambiare il nostro sistema produttivo, per renderlo più sostenibile a livello ambientale e nutrizionale. Queste due prospettive si sposano con il nostro progetto, abbiamo creato un processo di coltivazione dell’alga sostenibile e a zero impatto, anzi, sotto zero, perché l’alga assorbe anidride carbonica dall’atmosfera».

In che modo funziona questo aspetto? «Le alghe fanno fissazione di anidride carbonica, attraverso la quale creano l’impalcatura biologica con la quale possono riprodursi. Per ogni chilo di alga che produciamo, ne assorbiamo due di Co2 dall’atmosfera. Le alghe sono gli organismi che riescono a meglio ottimizzare la fotosintesi, sono anche più brave delle piante a farlo».

Come nasce questo suo amore per le alghe? «Lontano, in Turchia. Sono un biologo e ricercatore. Ero andato a Istanbul per la mia tesi di laurea sui biodiesel, quattordici anni fa. Facevo escursioni nel Bosforo in canoa, tra traghetti e navi da crociera, per raccogliere col mio retino campioni di alghe da analizzare in laboratorio».

Come arriviamo ad Algaria? Quando nasce? «A fine 2016, quando abbiamo iniziato a progettare il nostro impianto di produzione in Lombardia. Il tutto è basato su una logica di economia circolare: recuperiamo il calore disperso da un vicino impianto a biogas per scopi energetici. A valle del processo, l’acqua che usiamo nella produzione viene restituita ai campi. In tutto il ciclo produttivo niente viene buttato e tutto viene riutilizzato».

Come funziona praticamente la coltivazione delle alghe? «Le alghe sono coltivate in una serra. Dentro ci sono delle vasche nelle quali viene fatta nuotare attraverso il movimento di pale meccaniche che spingono l’acqua e facilitano il movimento. Una volta matura, viene filtrata grazie a una rete di dimensioni molto piccole, parliamo di 35 micron, milionesimi di metro. L’alga rimane sul filtro e l’acqua viene convogliata in vasche di raccolta e restituita ai campi. La trasformazione in prodotti come risotti o barrette viene fatta da aziende con le quali collaboriamo e col supporto di nutrizionisti e chef».

Quali sono le principali proprietà nutrizionali della spirulina? «La FAO l’ha indicata come una possibile soluzione per la fame nel mondo. Il 60% del suo peso sono proteine: 100 grammi di spirulina corrispondono a 60 grammi di proteine. Per fare un paragone, una bistecca di bovino ha il 20% di proteine, nell’alga ce ne sono tre volte di più. Contengono tutti gli aminoacidi essenziali, che di solito mancano alle fonti vegetali di proteina. Poi contiene tutte le vitamine più importanti e molti micronutrienti dei metalli, come il ferro e il calcio. E infine antiossidanti. Insomma, mancano solo grassi e zuccheri».

La spirulina è utile anche per chi è a dieta, quindi? «Storicamente viene usata come integratore alimentare in capsule e compresse: è un attivatore della velocità e della performance del metabolismo e rafforza il sistema immunitario. La nostra innovazione è venderla come prodotto alimentare».

Qual è il vostro best seller? «La spirulina in scaglie. A mo’ di patatina, come una chips da sgranocchiare. Ha un gusto che somiglia al seme di zucca».

Come funziona la distribuzione di Spireat? «Il nostro principale canale di distribuzione è l’e-commerce. Facciamo anche il retail, con rapporti commerciali di distribuzione. Il terzo canale è il b-to-b, la vendita ad altre aziende che la inseriscono nei loro processi produttivi».
Nel settore della gastronomia? «Principalmente, ma non solo. La spirulina è utile anche nel settore della cosmesi e in quello dei coloranti alimentari. Tanti non lo sanno, ma è uno delle pochissime fonti di blu alimentare».

Qual è la vostra visione a lungo termine? «Nel medio periodo arriveranno molti più produttori sul mercato nazionale ed europeo, ci sarà attrattiva anche sul mass market, dove la spirulina diventerà un ingrediente in diversi semi-prodotti nel food. Nel lungo periodo saranno valorizzate molte altre alghe, come la clorella, ma ce ne sono otto che l’organo europeo di sicurezza alimentare ha già accettato per il consumo. Oggi il mercato è piccolo ma crescerà e andrà in parallelo ad altre fonti alternative, come gli insetti o la carne fatta in laboratorio. La produzione intensiva di carne e pesce come la conosciamo oggi non è più sostenibile, perché servirebbero altri due pianeti per sostenere la crescita della popolazione. Il futuro è delle alternative».

Com’è stata l’esperienza della ING challenge? «È stata una bellissima sorpresa vedere l’importanza che viene data alla sostenibilità e all’ambiente da un istituto di credito. Poi esserne vincitori è stata una grande soddisfazione personale e aziendale, perché anche gli altri finalisti avevano bellissime idee, il livello era molto alto».

Siete pronti a inserire le alghe nella vostra dieta?

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