Biotech, numeri e prospettive di un Megatrend

Le biotecnologie in ambito medico stanno trovando farmaci per malattie un tempo ritenute incurabili. L’impatto sociale è notevole, ma c’è del potenziale anche dal punto di vista finanziario

Oggi più che mai sono in atto metamorfosi profonde e di portata globale, che trasformano le nostre abitudini e ridefiniscono l’ambiente in cui viviamo: i cosiddetti Megatrend. All’interno di questo universo – che comprende big data e intelligenza artificiale, energia pulita, cambiamento demografico, solo per citarne alcuni – un settore particolarmente apprezzato dai mercati negli ultimi anni è quello delle biotecnologie. Più precisamente, delle biotecnologie applicate all’ambito medico.

L’applicazione in ambito medico. Si tratta di un’attività di ricerca volta a scoprire, isolare e produrre principi attivi per curare malattie finora ritenute incurabili – come le malattie rare o di tipo genetico: due esempi concreti della loro applicazione sono la terapia genica, che permette il trattamento e la cura di determinate malattie lavorando direttamente sul dna del paziente, e la “terapia “CAR-T”, di recente scoperta, che potrebbe operare attaccando unicamente le cellule infette. Negli ultimi anni, il settore delle biotecnologie mediche ha fatto passi da gigante: secondo l’EFPIA (Federazione Europea delle Associazioni e delle Industrie Farmaceutiche), l’aspettativa di vita media per i cittadini europei è aumentata di 30 anni rispetto a un secolo fa proprio grazie alla ricerca scientifica in ambito sanitario.

I numeri del settore. I progressi del settore non sono passati inosservati sui mercati: negli ultimi dieci anni, l’indice Nasdaq Biotechnology Total Return ha registrato una crescita del 368% (quella dell’indice Nasdaq Composite è stata del 298%), anche se il suo andamento non è stato sempre lineare e, come si evince dal grafico, la corsa del settore è rallentata ultimamente.

Biotech-prospettive

Tra il 2015 e il 2016, alcune indiscrezioni riguardo a normative più stringenti hanno causato un improvviso crollo del mercato (ma le perdite comunque sono state recuperate nei 12 mesi successivi), e il 2018 si è concluso con una perdita del 9% (contro il -5,3% del Nasdaq Composite). Quello della performance azionaria tuttavia è soltanto uno dei modi per guardare al settore e, probabilmente, non il migliore. In termini di approvazioni di nuovi farmaci, per esempio, il 2018 è stato l’anno più prolifico in oltre due decenni, con la FDA che ha dato l’ok a 56 nuovi farmaci rispetto ai 46 del 2017. Anche il mercato delle IPO è in fermento, con 55 nuove offerte iniziali rispetto alle 40 del 2017. Ad oggi in Italia sono attive 641 imprese biotech, con un fatturato complessivo di 11,5 miliardi di euro (fonte: Federchimica-Assobiotec). E i numeri sono in crescita costante.

Ha senso investire sul biotech? Quella tra tecnologia e sanità sembra dunque un’accoppiata vincente, tenuta insieme dall’obiettivo comune di migliorare la qualità della vita dell’uomo, in un modo che fino a qualche decennio fa sembrava impensabile. Il settore delle biotecnologie mediche è caratterizzato da un forte impatto sociale e le aspettative sono in continuo miglioramento. Prima di investire in questo settore però, è bene essere pienamente consapevoli di alcuni aspetti. Tanto per cominciare, le aziende di biotecnologia spesso non sono redditizie: il loro core business è la ricerca e non la commercializzazione, motivo per cui molte non hanno entrate reali. La biotecnologia è inoltre caratterizzata da tempi lunghi di sviluppo: ottenere un nuovo farmaco dalla provetta allo scaffale della farmacia può richiedere fino a un decennio. E non è detto che ci arrivi: le probabilità che i potenziali nuovi farmaci ottengano l’approvazione è decisamente bassa. Infine, come abbiamo visto in precedenza, il settore è caratterizzato da una certa volatilità. In definitiva, investire in biotecnologie può essere interessante per un investitore, a patto che ragioni in un’ottica di lungo periodo. Ma è necessario che l’esposizione a questo settore – magari attraverso un fondo o un ETF – sia bilanciata all’interno di un portafoglio ben diversificato.

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