È entrato in vigore il nuovo regolamento EBA, l'Autorità Bancaria Europea, che restringe i campi utili a classificare lo stato di default dei correntisti
Era atteso da tempo e ora è arrivato: entra in vigore il nuovo regolamento EBA (European Banking Authority) sui crediti deteriorati, che ha introdotto nuove linee guida per identificare le esposizioni in stato di default in seno alle banche europee.
Cosa cambia? Sostanzialmente cambia la regolamentazione sui nostri debiti: il correntista europeo che andrà in rosso potrebbe infatti essere segnalato nel caso la sua esposizione rappresenti una sofferenza classificata come difficilmente recuperabile. Quindi se hai il conto in rosso anche di pochi euro rischi di essere classificato come un cattivo debitore? Non proprio, bisognerà soddisfare diverse condizioni poste dal Regolamento in questione.
Vediamo allora di capire cosa cambia nel dettaglio per noi correntisti.
Che cosa sono i crediti deteriorati?
Non parliamo di altro che di denaro prestato che la banca non ha la certezza di riavere indietro perché il debitore potrebbe non pagare, non riuscendo quindi a rispettare il contratto stipulato con l’istituto bancario. I crediti deteriorati (Non performing exposures) in poche parole sono i prestiti che la banca elargisce e che le persone o le aziende non sono in grado di restituire interamente o in parte. Sono un bel problema: per farti capire, sono stati la causa principale della crisi finanziaria dei mutui subprime del 2008. Ed è proprio da quella data che l’Unione Europea ha iniziato a cercare delle soluzioni.
Quanti crediti deteriorati ci sono in Italia?
Secondo Bankitalia, in Italia ci sono ad oggi 325 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi ancora da recuperare. Un numero fortunatamente in continua diminuzione rispetto agli anni precedenti, in linea con le direttive europee: nel 2019 (ultimo dato disponibile) si è registrato un calo di ben 115 miliardi rispetto a fine 2015 che è stato l’anno di picco [1].
Secondo Palazzo Koch, però, a causa della pandemia ci si attende una crescita dei crediti deteriorati in Italia, dettata dalla pesante contrazione dell’economia italiana e dalla lentezza delle procedure di recupero crediti, in larga misura attribuibile a ritardi della giustizia civile.
[1] Rapporto sulla stabilità finanziaria, Banca d’Italia n2, 2020
Quali sono le condizioni che portano a essere “inadempienti”?
A chiarirlo è arrivata una comunicazione di Banca d’Italia prima di Natale [2]. In sintesi, a partire dal primo gennaio gli intermediari finanziari (quindi banche, istituti di credito, eccetera) classificheranno in stato di default il cliente che non adempie per 90 giorni – che diventano 180 in caso di pubblica amministrazione – alle obbligazioni creditizie vantate nei suoi confronti. L’ammontare dell’inadempimento dovrà essere superiore sia a 100 euro – 500 euro nel caso di imprese – sia all’1% del totale delle obbligazioni creditizie complessivamente vantate nei confronti dell’istituto richiedente.
[2] Comunicazione del 23 dicembre 2020 – Banca d’Italia
Cosa accade nel concreto se vai in default?
Non basteranno i 100 euro di scoperto sul conto per bollarti come insolvente. Ma se raggiungi tutte le condizioni? In quel caso, gli addebiti automatici potrebbero non essere più consentiti sui conti correnti fino a che non verranno coperti da liquidità sufficiente. La sospensione dei RID avverrà in automatico con il conseguente stop, per esempio, ai pagamenti di utenze, stipendi e contributi previdenziali, all’uso delle carte di credito e al versamento delle rate dei finanziamenti. Inoltre, non si potranno chiedere prestiti, mutui e finanziamenti.
Come diventi veramente insolvente secondo il nuovo regolamento EBA?
La classificazione di default riguarda l’intera posizione nei confronti dell’istituto di credito e non i singoli 100 euro. Solo così e non prima scatta l’automatico blocco del conto corrente in rosso e l’interruzione dei pagamenti automatici di RID e quant’altro. Gli intermediari bancari segnaleranno un correntista solo quando riterranno che abbia gravi difficoltà durature e non temporanee. Alla fine dei conti, le regole non fanno espresso divieto di avere sconfinamenti di conto e gli istituti finanziari possono comunque permettere ai propri correntisti di sconfinare oltre la disponibilità.
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