I dati presi in considerazione per dare un colore alle regioni sono tanti e articolati. Ma esistono altri indicatori in grado di sintetizzare la forza della pandemia in un numero
Giallo. Arancione. Rosso. “Rosso pompeiano, viola addobbo funebre, blu tenebra”, aggiungerebbe Paolo Villaggio, “papà” di quel ragionier Fantozzi che ti sarà capitato di scorgere (e, forse, apprezzare) qualche volta nei numerosi passaggi tivù dei suoi film.
In realtà c’è poco da ridere, soprattutto perché che la progressione cromatica a cui ci riferiamo è quella delle regioni italiane e delle loro province e comune. Colori che indicano, la diffusione sul territorio del SARS-CoV-2, coronavirus responsabile di quella patologia nota come Covid-19. Ti sei mai chiesto sulla base di quali criteri si determina il colore di una regione?
Come si determina il colore di una regione?
Il sistema attualmente in vigore, adottato a gennaio, coniuga l’analisi del rischio, l’indice Rt e l’incidenza settimanale: in base a questi indicatori, ogni venerdì la cabina di regia del ministero della Salute assegna a ciascuna regione un colore, con relative restrizioni. Il precedente sistema, invece, metteva insieme dati epidemiologici, dati riferiti alle strutture sanitarie e al tasso di saturazione dei servizi sanitari su quello specifico territorio (con un occhio particolarmente attento ai reparti di terapia intensiva) e dati utili a valutare la capacità delle strutture sul territorio di raccogliere e acquisire informazioni sull’evoluzione pandemica.
Tra i due sistemi c’è un denominatore comune ed è che i dati presi in considerazione sono tanti, articolati, e tutti giustamente importanti. Ma difficilmente noi, non esperti, riusciamo a spulciarli come si deve. Da più parti, quindi, è arrivata in questi mesi la proposta di indici che, in un solo numero, con un unico colpo d’occhio, ti dicono quanto è grave la situazione e/o quant’è forte la pandemia.
C’è per esempio l’indice di gravità proposto da YouTrend, magazine dell’istituto di ricerche demoscopiche e consulenza Quorum. E c’è il Synthetic Covid Index, proposto a novembre da Raffaele Zenti, data scientist e co-fondatore di Virtual B, società di data analytics specializzata in machine learning e intelligenza artificiale.
Come nasce il Covid Index (e cosa ci dice oggi)
“Di numeri sul Covid-19 ce ne sono tanti: ricoverati in terapia intensiva, positivi rispetto al numero di tamponi, e via dicendo. Tutti raccontano una parte della storia, ma nessuno la racconta tutta. Così ho provato a sintetizzare tutti questi dati usando un modello di machine learning”, dice Zenti. Ed è nato quindi il Synthetic Covid Index, o Covid Index per farla breve: semmai ti andasse di approfondire il metodo di costruzione, puoi trovare il relativo paper su arXiv.org. “Il Covid Index ha valore descrittivo e, in quanto tale, funziona un po’ come un termometro. L’idea è quella di estrarre il ‘succo’ dell’informazione per descrivere con un singolo numero lo stato del contagio”, chiarisce Zenti.
Un indice intuitivo oltre che sintetico, proprio come l’indice di gravità elaborato quotidianamente da YouTrend. Con una differenza sottile, se vuoi: mentre quello di YouTrend è appunto un indice che dà conto della gravità della situazione, il Covid Index ha come fenomeno sottostante la forza della pandemia. Se non è zuppa è pan bagnato, diceva mia nonna: in ogni caso, possiamo avere un’idea di come siamo messi. E in entrambi i casi, a darci questa idea è un numero, un semplice numero: più è alto, peggio stiamo; più è basso, meglio è per tutti noi.
L’indice di gravità di YouTrend è aggiornato quotidianamente: mentre scriviamo, l’ultimo valore segnalato è 56, su una scala che va da 0 a 100. E il Covid Index, invece, che cosa ci dice? “L’indice Covid nelle ultime settimane presenta una dinamica altalenante”, spiega Zenti, “che sembra seguire quella dei lockdown, accelerando non appena si allentano le maglie e migliorando successivamente, quando vengono rafforzate le misure di contenimento della pandemia”. E i vaccini? “L’effetto delle vaccinazioni sembra ancora limitato, sui numeri a livello nazionale sintetizzati dall’indice Covid.”
Nel grafico, come vedi, sono evidenti due picchi, in primavera e in autunno: coincidono con le due ondate di contagi. Al Covid Index Zenti ha affiancato il Covid Spread Index, che descrive la diffusione del virus sul territorio nazionale e ci dice quanto è diffuso (se è il valore è alto) o concentrato (se invece il valore è basso) il contagio sul territorio italiano: ebbene, secondo gli ultimi dati a disposizione, appare ancora abbastanza diffuso.
Una certa correlazione con il FTSE MIB
Da notare, poi, che il Covid Index mostra una correlazione con il FTSE MIB, il principale indice di Borsa Italiana. Una correlazione inversa: in poche parole, al crescere dei contagi l’indice di riferimento di Piazza Affari tende a scendere. Guarda qua.
Il Covid Index, dunque, può essere un utile termometro della situazione anche per chi investe. Con una precisazione: se in una prima fase della pandemia l’indice FTSE MIB (come tutti gli indici di Borsa, del resto) era molto sensibile ai dati sulla diffusione del virus, mostrando una correlazione piuttosto elevata, negli ultimi tempi questo fenomeno si è un po’ affievolito. Questo perché il Covid-19 è sempre un tema che muove il mercato, ma oggi ce ne sono anche altri, in particolare riguardo al nostro Paese: c’è il tema globale della ripresa economica post-Covid e di come cambieranno, se cambieranno, le politiche monetarie e fiscali nei prossimi mesi; poi, più nello specifico sull’Italia, c’è il tema del cambio di governo, con un certo ottimismo intorno all’esecutivo Draghi che si è fatto sentire anche sulla differenza di rendimento tra BTp e Bund. Insomma, ci aspetta una primavera “colorata”: prudenza e diversificazione restano in ogni caso le parole chiave.
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