Ricerca e stili di vita possono avere un impatto importante su una grande sfida per la nostra civiltà: ridurre il consumo e l'impatto della plastica
Come ridurre l’impatto ecologico della plastica? Lo scorso giugno a Parigi si sono tenuti i negoziati delle Nazioni Uniti per la creazione di un trattato internazione sulla riduzione del consumo e della produzione di plastica, ormai arrivato a proporzioni ingestibili. Ma la “zero draft” del testo delude, rimanendo una dichiarazione di intenti che viaggia su linee generali e, come criticano gli ambientalisti “non stabilisce standard minimi per i piani nazionali e non attribuisce poteri specifici al meccanismo”.
Questo mese l’Onu torna a parlarne in Kenya. Ridurre l’impatto della plastica è infatti una prorità: tracce di microplastiche sono ormai presenti in ogni ambiente, dalla cima dell’Everest alla Fossa delle Marianne, e almeno 14 milioni di tonnellate finiscono ogni anno negli oceani.
La plastica è un problema complesso per la nostra civiltà: non tutti gli usi possono essere eliminati, quindi la strada è rinunciare a quelli superflui, come gli oggetti monouso che possono essere sostituiti da altri materiali. Ogni livello conta per risolvere questo enigma: l’impegno delle grandi aziende, gli accordi internazionali, la ricerca tecnologica e gli stili di vita individuali.
In questo articolo ci focalizziamo sugli ultimi due aspetti: cosa sta facendo la ricerca e cosa puoi fare tu per contribuire a una delle più complesse sfide per l’umanità (intanto, qui puoi scoprire cinque app in grado di darti una mano con la sostenibilità).
Un brevetto italiano per decarbonizzare l’acciaio
Uno dei modelli più interessanti arriva dall’Italia, da uno stabilimento in Friuli, quello di I.Blu, una startup incubata da Iren. Questo brevetto italiano si chiama Blupolymer, una miscela di poliolefine ottenuta tramite agglomerazione e/o estrusione. Fuori dal linguaggio tecnico, Blupolymer permette di riciclare e trasformare in materia prima secondaria le plastiche miste, quelle più complesse da riciclare e riutilizzare.
La parte interessante è che questo polimero può essere usato per sostituire il carbone (e quindi ridurre le emissioni) nella trasformazione di rottame di ferro in acciaio, uno dei settori più difficili da decarbonizzare.
L’enzima che divora la plastica
Nel 2022 un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas ha pubblicato su Nature uno studio in grado di cambiare i termini di questa partita: un enzima modificato è in grado di scomporre e divorare la plastica in un tempo brevissimo, meno di 48 ore, e a basse temperature, grazie a un contributo decisivo dell’intelligenza artificiale.
Siamo ancora nella fase dei collaudi, ma il processo sembra stabile e flessibile, adatto a quasi ogni tipo di plastica, in particolare il polietilene tereftalato (PET), presente in imballaggi e confezioni. Può essere utile sia in fase di riciclo che di bonifica di ecosistemi naturali assediati dai rifiuti plastici.
La polvere magnetica per bonificare le acque
Sempre per quanto riguarda la bonifica delle acque, cioè la principale destinazione della plastica non riciclata e della microplastica, il Royal Melbourne Institute of Technology ha sviluppato una polvere di nanomateriali magnetici che può essere disciolta in acqua, dove attira le particelle di microplastica, per raccoglierla ed eliminarla più facilmente. Non è la prima soluzione di questo tipo, ma questa è a basso impatto energetico e non rilascia ulteriori agenti inquinanti.
La tarma che lavora con noi
E se avessimo degli insetti in grado di svolgere parte di questo lavoro per noi? Un gruppo di ricerca in Spagna li ha trovati, quasi per caso, un episodio di serendipità scientifica (quando cerchi una cosa e ne trovi un’altra che non ti aspettavi): sono le tarme della cera, possono forare con la saliva un sacchetto di polietilene in pochi minuti, degradandone gli elementi. Una prospettiva stimolante, ma da verificare su scala.
Lo zucchero che rende la plastica più facile da degradare
Nel Regno Unito, all’Università di Bath, hanno invece elaborato un processo produttivo della plastica che potrebbe far arrivare sul mercato polimeri più facili da smaltire. È una sorta di «ricetta innovativa», aggiunge una serie di molecole di zucchero che rendono la plastica più facile da degradare al contatto con i raggi del sole. La parte più promettente di questa nuova ricetta è che potrebbe essere inserita nei processi produttivi esistenti, senza dover investire in nuovi macchinari.
La sfida delle abitudini: la transizione degli stili di vita
E poi c’è il tema di cosa possiamo fare noi: ridurre il consumo di plastica è allo stesso tempo una grande sfida globale e una transizione ecologica che tutti possiamo provare a intraprendere sul piano personale.
Uno dei messaggi più chiari della scienza è che da questa crisi della plastica non ne usciremo semplicemente riciclando: solo il 9 per cento della plastica nel mondo viene riciclata, il resto finisce in discarica o in termovalorizzatori, quindi è necessario passare attraverso tutte le tre R classiche, riduci, riusa, ricicla.
Il packaging e la spesa sfusa contro lo spreco di plastica
Il primo luogo dove puoi intervenire efficacemente per ridurre la percentuale di plastica nella tua vita è il supermercato, scegliendo i prodotti in base alla quantità di imballaggio in cui li trovi sul bancone: mai più verdure o frutta da portare a casa dentro una confezione che è la metà del loro peso.
Il passo successivo è sperimentare la spesa sfusa, ci sono ormai tantissimi negozi che offrono questa possibilità, che ti permette anche di dosare meglio i quantitativi, comprando esattamente quello che ti serve e risparmiare.
Addio alle bottiglie di plastica
Secondo passaggio: l’acqua. L’Italia è uno dei paesi al mondo che più consumano acqua minerale in bottiglia, un’abitudine che può essere sostituita agevolmente, sempre più quartieri di città e anche piccoli paesi hanno installato le cosiddette case dell’acqua, dove chi vuole bere acqua frizzante a tutti i costi può andare con le proprie bottiglie di vetro da riempire. Una buona abitudine facile da prendere, individuando la casa dell’acqua più vicina a te.
Materiali alternativi
Uno dei modi più efficaci per ridurre il consumo di plastica è iniziare a ragionare in termini di materiali, scegliendo quelli più più sostenibili, come ad esempio il legno (ma ricorda che deve sempre provenire da foreste certificate PFEC o FSC) per utensili o mestoli o il vetro per barattoli e contenitori. Durano più a lungo e sono più facili da riciclare.
Dal sintetico al naturale
Un altro luogo della tua casa da cui partire per bonificare la tua vita dalla plastica è sicuramente il tuo armadio: i tessuti sintetici in Europa sono responsabili di qualcosa come l’8 per cento di tutte le microplastiche rilasciate negli oceani, 13mila tonnellate all’anno. Quindi la semplice scelta di privilegiare tessuti naturali a quelli sintetici può davvero fare la differenza.
Uno spazzolino bio
Infine, una scelta semplice semplice: lo spazzolino. Per la tua igiene dentale va cambiato ogni tre mesi, questo vuol dire centinaia di spazzolini dismessi nell’arco di una vita di cura dei denti. Alternativa: lo spazzolino in bambù, che è biodegradabile e che quindi, setole a parte, può essere agevolmente restituito a nuova vita organica nel compost.
Hai già provato a ridurre il consumo di plastica nella tua vita? Come sta andando?
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