Gli indicatori economici sono positivi, ma secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico serve l’intervento dei governi per politiche di sviluppo concrete
L’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha lanciato l’allarme: l’economia mondiale è entrata nella “trappola della bassa crescita”. Questa posizione sembra andare controcorrente rispetto ai vari dati macroeconomici registrati nell’ultimo periodo. Il “Surprise Index” è, infatti, saldamente in territorio positivo negli ultimi mesi. Questo indicatore mette a confronto le previsioni degli analisti e i reali dati macroeconomici di mercato. Ebbene, i dati macroeconomici rilasciati dalle autorità sono stati migliori rispetto ai valori attesi: a prima vista questo potrebbe sembrare un chiaro segnale di come l’economia, superando le aspettative del mercato, stia intraprendendo un solido cammino di crescita dopo i difficili anni di crisi.
La trappola della bassa crescita. Attraverso il concetto di trappola della bassa crescita l’istituto francese cerca di descrivere la situazione in cui la crescita dell’economia (mondiale in questo caso), seppur presente, è fragile e vulnerabile. Questo perché a sostenerla non sono messe in gioco tutte le forze necessarie che dovrebbero cooperare per lo sviluppo: così facendo il ritmo di crescita si fa debole, essendo determinato unicamente da quelle componenti che da sole non riescono a garantire un progresso stabile e duraturo nel tempo. È in questo contesto, quindi, che si devono leggere gli attuali risultati rilasciati dall’OECD: il PIL mondiale, su base reale (che non tiene conto dell’effetto dell’inflazione), negli ultimi cinque anni è cresciuto ad un ritmo del 3%, valore inferiore alla media storica del 3.5%. Tuttavia a determinare questo andamento troviamo fattori che dovrebbero essere per lo più considerati di supporto (o almeno non gli unici) alla crescita dell’economia di un paese. Stiamo parlando delle politiche monetarie accomodanti delle principali banche centrali che negli ultimi anni hanno sostenuto i corsi azionari, garantendo un elevato ammontare di liquidità a basso (se non nullo) costo. Invece, i fattori che maggiormente dovrebbero incidere sulla crescita faticano a riprendere forza dopo il crollo dalla recente crisi. Due dati su tutti risultano significativi: la caduta degli scambi commerciali tra i paesi sviluppati, che si fermano allo 0.8% in rapporto al PIL (rispetto ad un valore storico del 2%) e la debole dinamica degli investimenti, sia pubblici che privati, che non riescono a recuperare la forza degli anni pre-crisi. Tra i “di cui” più rilevanti, determinati da questo difficile contesto, in Europa (Italia e Spagna in particolare) sono facilmente individuabili le difficoltà legate al mondo del mercato del lavoro, dove l’alto livello di disoccupazione impatta direttamente sull’economia reale. Infatti le criticità di questo mercato si riflettono sui bassi consumi e sulla debole produttività che si riscontra in questi paesi. Ad aggravare un simile quadro, inoltre, è inevitabile ricordare il fragile contesto politico in cui versano la maggior parte delle economie sviluppate, che non riescono così a porre in essere politiche di sviluppo mirate.
Parole d’ordine: cooperazione e compromesso. Ed è proprio a quest’aspetto delle politiche di sviluppo a cui fa appello l’OECD: risulta infatti necessario accompagnare alle politiche monetarie delle banche centrali, delle iniziative fiscali e di sviluppo da parte dai governi dei paesi. L’istituto francese infatti ricorda come, attraverso l’operato delle banche centrali che hanno abbassato il costo dell’indebitamento pubblico attraverso gli acquisti del Quantitative Easing, sono state aperte molte possibilità ai governi per cercare di rilanciare le proprie economie senza intaccare eccessivamente il bilancio statale. Questo si concretizza con azioni mirate di stampo “fiscale”, ovvero una maggiore spesa pubblica, investimenti ed incentivi per i consumi.
Nel contempo tuttavia, come recentemente ricordato dalla Commissione Europea proprio al Governo del nostro Paese, è importante rispettare anche i vincoli di bilancio imposti dai trattati sovranazionali, in modo da non incorrere in provvedimenti disciplinari e non appesantire ulteriormente i conti statali. Da questo si intuisce come le azioni dei governi siano determinanti nell’individuare (ed attuare) un compromesso tra le parti in gioco, trovando la giusta soluzione per permettere al proprio paese di ripartire e intraprendere un solido e duraturo sentiero di crescita.
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