Investire responsabilmente non significa rinunciare al rendimento: facciamo chiarezza sulle differenze tra SRI, finanza etica e impact investing
La finanza socialmente responsabile sta guadagnando consensi tra gli investitori e all’interno dell’industria del risparmio, di pari passo con l’aumento della sensibilità verso le tematiche sociali e ambientali a cui stiamo assistendo nell’ambito dei consumi in generale – dal food alle automobili.
La confusione regna sovrana. Nel mondo degli investimenti però c’è ancora molta confusione a riguardo, sia tra i risparmiatori sia tra gli stessi operatori del settore: per esempio, secondo quanto emerso da una recente indagine condotta da MoneyMate su 100 consulenti finanziari, il 74% del campione è convinto che finanza responsabile sia sinonimo di finanza etica, mentre solo il 30% pensa che tra gli obiettivi degli investimenti SRI (social responsible investments) ci sia la ricerca di rendimento. Certo le innumerevoli definizioni che circolano nel settore – investimenti SRI, finanza etica, impact investing, criteri ESG, solo per citarne alcune – non aiutano a fare chiarezza. Cerchiamo di mettere in ordine le idee.
Le basi di finanza etica, i criteri ESG e SRI. Partiamo dalla finanza etica, il vocabolo più utilizzato e anche il più datato: questa è l’unica tra le definizioni citate con cui si intende una branca della finanza che in effetti effettua scelte economiche in base a obiettivi diversi dal profitto: la ricerca di rendimento non è il fine principale. I criteri ESG (acronimo di Environmental Social and Governance) sono invece una serie di criteri che vengono integrati nel processo di gestione per valutare i rischi e le opportunità di un asset in relazione all’ambiente, al sociale e alla governance. In poche parole, nel selezionare i titoli da inserire all’interno del portafoglio di investimento viene fatto uno screening delle società emittenti secondo proprio i criteri ESG. L’ambito di azione è quello degli investimenti e l’obiettivo è l’ottenimento di un rendimento. L’SRI, o investimento socialmente responsabile, è molto diverso. Si può dire che prende le mosse dalla finanza etica, ma anche in questo caso la ricerca di rendimento è prioritaria. A differenza dell’ESG, che guarda ai rischi e alle opportunità intrinseci di un singolo asset, l’SRI è un approccio agli investimenti top-down che vuole rispettare i valori etici dell’investitore.
L’SRI non adotta un’unica strategia. L’investimento sostenibile e responsabile è una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale al fine di creare valore per l’investitore e per la società. Questo avviene attraverso vari tipi di strategie: per esempio ci sono i filtri negativi (l’esclusione di alcuni settori, come quello delle armi o degli alcolici) o positivi (l’approccio “best in class”, che premia le società più virtuose in un determinato ambito, come per esempio il risparmio energetico). O ancora, gli investimenti tematici (che si concentrano su società che partecipano o non partecipano a un certo tema come ad esempio il cambiamento climatico, l’efficienza energetica e la salute) e il cosiddetto impact investing (che valuta l’impatto socio-ambientale diretto e misurabile prodotto da una società).
Falsi miti da sfatare. Una volta archiviato il capitolo delle definizioni, cerchiamo di sfatare alcuni falsi miti che aleggiano intorno al mondo degli investimenti SRI. Tanto per cominciare, investire in modo sostenibile non significa affatto dover rinunciare a un rendimento soddisfacente. E i numeri lo dimostrano: l’indice Euro Stoxx Sustainability, che comprende le aziende leader in ambito di sostenibilità all’interno dell’eurozona, registra una performance a un anno (in euro) del 9,5%, che si confronta con un +7,6% messo a segno dal più ampio indice azionario europeo Stoxx Europe 600, che comprende le 600 maggiori società dei paesi sviluppati europei. In secondo luogo, va considerato che i prodotti SRI possono ricoprire un ruolo importante in ottica di riduzione del rischio di portafoglio: essendo poco correlati con gli asset tradizionali, potrebbero essere una valida classe di investimento da considerare in ottica di diversificazione del proprio portafoglio. Insomma, investire con una mano sulla coscienza e un occhio al portafoglio è possibile. Ma con un’avvertenza da tenere a mente, che vale per qualsiasi tipo di investimento: l’informazione e la consapevolezza sono fondamentali per potersi orientare nel mare magnum dell’offerta. Un risparmiatore informato è un risparmiatore migliore.
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