Probabilmente è l'indicatore principe del mercato azionario: vediamo di che si tratta e perché è così utile per capire i mercati
Il rendimento di un titolo azionario non è difficile da calcolare. Dipende da due semplici variabili: i dividendi e la variazione di prezzo. Ma nel momento in cui entrano in gioco le aspettative (proprio sui dividendi e prezzo), le cose si complicano un po’. I mercati finanziari, che sintetizzano l’opinione di migliaia di investitori, riflettono proprio i cambi di aspettative degli investitori ed ecco perché le quotazioni dei titoli azionari oscillano in modo così spettacolare.
Sono decenni che gli accademici e gli investitori professionisti s’interrogano sul modo migliore per valutare i titoli azionari. Sull’argomento sono stati pubblicati centinaia di libri e paper di ricerca, eppure il Santo Graal non è ancora stato trovato.
Ogni investitore utilizza i propri strumenti valutazione, c’è chi si concentra sull’analisi fondamentale, mentre c’è chi ha un approccio più quantitativo. Un punto di partenza largamente condiviso, comunque, è capire quanto si sta pagando per l’acquisto di un titolo azionario. Dal momento che quando si compra un’azione si compra un pezzo dell’azienda e dato che ogni azienda ha le sue dimensioni e caratteristiche, i prezzi di solito vengono rapportati ai fondamentali (come il valore di bilancio, utili, flussi di cassa, ecc..); così facendo si ottengono i cosiddetti multipli. Gli analisti finanziari utilizzano i multipli per farsi un’idea di quanto il mercato stia prezzando il valore di un titolo o di un mercato rispetto a se stesso oppure rispetto ad altri mercati o titoli. Tra i multipli più diffusi e conosciuti c’è il Price-Earning per share o più comunemente detto P/E. Scopriamo di cosa si tratta.
Il multiplo Price – Earning per share: pregi e differenze. Il “Price – Earning per share” o P/E, non è nient’altro che il rapporto tra il prezzo di mercato e gli utili per azione. Il risultato di questo rapporto esprime il prezzo che il mercato (o gli investitori) è disposto a pagare per ogni euro (dollaro, sterlina ecc) di utile per azione generato. Nel caso di utili costanti nel tempo, il P/E esprime il numero di anni necessari affinché rientri dal proprio investimento. Dal momento che gli utili sono costanti nel tempo, un livello alto di P/E coincide con maggiori aspettative di crescita, e viceversa. Quando il P/E di una società (o di un mercato) è più basso rispetto a un’altra, si dice che l’azienda viene scambiata a sconto. A volte tale sconto può essere un errore di mercato (in questo caso si possono fare dei buoni investimenti); in altri casi, invece, è la conseguenza degli scarsi risultati aziendali. Facciamo un esempio concreto. La società Alfa ha un utile di 10.000 euro e il capitale sociale è suddiviso in 10.000 azioni. L’utile per azione è semplicemente il rapporto 10000euro/10000 azioni e quindi 1 euro/azione. Se sul mercato il prezzo dell’azione è di 20 euro il P/E è 20/1 = 20. Questo significa che sotto l’ipotesi di utili costanti l’investitore della società Alfa dovrà aspettare 20 anni per recuperare il capitale che ha investito nella società. La lettura del P/E non è univoca ma dipende dall’opinione finale dell’investitore: il mercato sta sopravalutando o sottovalutando il potenziale dell’azienda o del mercato di rifermento?
Esistono diversi modi di calcolare il P/E. Non tutti calcolano il P/E allo stesso modo. Infatti, a seconda di come vengono raccolti i dati sugli utili i risultati possono cambiare. Quando si sente parlare di “Trailing P/E” vuol dire che si considerano gli utili realmente conseguiti; invece, quando si parla di “Forward P/E” (o P/E atteso) gli utili sono stimati dagli analisti (tipicamente per l’anno successivo). Il premio Nobel per l’economia, Robert Shiller, calcola il P/E (comunemente detto Cyclically Adjusted P/E Ratio) dividendo il prezzo di mercato con la media degli utili per azione su un arco temporale di 10 anni, aggiustati per l’inflazione. Un’altra scuola di pensiero, i cosiddetti P/E di Graham&Dood, utilizza gli utili per azione su un arco temporale di cinque anni. A volte i giornali riportano il valore di P/E calcolato usando l’ultimo valore di utile per azione disponibile. A seconda del metodo di calcolo che si usa, si ottengono risultati diversi.
Dal grafico, che riporta i diversi tipi di P/E a confronto con la relativa media storica (la linea tratteggiata), si può capire che attualmente il mercato americano, rappresentato dall’indice S&P500, sembrerebbe sopravvalutato. Tuttavia cambiando il metodo cambia anche l’intensità di questa sopravvalutazione. In alcuni casi è più forte mentre in altri meno.
Perché è importante. Non esiste un modo univoco per calcolare il P/E, ogni investitore e analista deve fare affidamento alla propria esperienza e sensibilità. Il P/E è uno dei multipli più utilizzati per sintetizzare l’attrattività di un titolo o di mercato azionario, ma non è l’unico. Per non incorrere in spiacevoli investimenti è sempre meglio confrontare diversi multipli e con il proprio consulente per capire a fondo i rischi e le opportunità.
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