Smart working: coltiva l’empatia digitale

Ti spieghiamo come funziona la tecnica coreana del nunchi, che ti aiuta a coltivare l'empatia anche attraverso lo schermo e a comunicare meglio con i tuoi colleghi

Una comunicazione empatica può fare la differenza. Sempre, anche al lavoro. Soprattutto quando siamo separati dal muro di pixel dei nostri schermi durante lo smart working.

Ti sarai accorto di quanto sia più facile dialogare, proporre idee e perfino suggerire o accettare correzioni, quando si è stabilita una connessione emotiva con i colleghi.

Viceversa, quando manca quella forma di contatto che permette di leggere e interpretare lo stato d’animo dell’altro, aumenta la probabilità di fraintendimenti e errori. Più in generale, quando non c’è empatia, sentiamo una minor voglia di lavorare insieme.
Nel mondo offline abbiamo imparato a leggere il linguaggio del corpo e ad agire per avvicinarci a un collega. Mentre, da quando lavoriamo a distanza abbiamo imparato a instaurare comunicazioni piacevoli e produttive (qui la nostra guida). Quando si parla di aspetti umani, però, tutto – spesso – si riduce a convenevoli forzati: non c’è alcuna fisicità da osservare, la nostra vista è limitata e tendiamo ad autocensurarci. Ecco perché, nell’ultimo anno, per potenziare le nostre capacità di lettura empatiche, abbiamo preso in prestito un termine della cultura coreana, il nunchi: alla lettera significa “misura d’occhio” e fa riferimento “all’arte sottile di comprendere i pensieri e le emozioni degli altri per costruire l’armonia, la fiducia e il legame”, come spiega il libro Il potere del nunchi. E, in questo articolo, vedremo come può esserti utile negli ambienti digitali.

Perché andare nel lontano Oriente per avvicinarci agli altri?

Come abbiamo accennato il nunchi ha preso forma in Corea. Non a caso: quella coreana è una cultura “ad alto contesto”, che fa molto affidamento a una comunicazione implicita, fatta di micro-espressioni piuttosto che di gesti eclatanti, “urlati” e aperti come quelli ai quali siamo abituati in Occidente. Bisogna, quindi, allenarsi molto a leggere i movimenti facciali e le sfumature linguistiche per stabilire una relazione. Ecco perché, questa “arte della comprensione” può esserti utile quando – in una comunicazione digitale – le azioni e la prossemica sono attenuate dalla tecnologia.

Allenati a riconoscere le micro-espressioni

Un sorriso che trasmette la felicità per aver ascoltato qualcosa di piacevole è una tipica macro-espressione: ben visibile e volontaria, serve per sottolineare un concetto. E anche per mentire meglio.

Le micro-espressioni, invece, sono molto più brevi, involontarie e difficili da riconoscere. Non si possono dissimulare e trasmettono senza filtri gli stati d’animo. Ecco perché allenarsi a riconoscerle è fondamentale per il nunchi. Potremmo definire la cartina al tornasole di una comunicazione empatica.

E dietro lo schermo, quando sappiamo di non essere osservati, questi movimenti facciali diventano molto più frequenti. Per esempio, quando una parte della bocca si tende verso il basso per una frazione di secondo, è la tipica micro-espressione di disgusto. Quando la bocca si tira all’indietro è un segnale di gioia. Per scoprire quali sono le altre micro-espressioni, puoi leggere questo articolo.

Non basta ascoltare, devi “ascoltare attivamente”

Per cultura, siamo abituati a sentire ciò che qualcuno ha da dirci per cogliere il senso e passare avanti. Il nunchi insegna che ciò non basta: è necessario potenziare le capacità di osservazione, far caso all’intonazione di chi ci parla e ad associare l’emozione sottostante. Ma non basta prendere atto che il tuo collega è entusiasta o seccato. Veniamo alla parte attiva del processo: prova a riformulare in modo educato ciò che qualcuno ti ha comunicato e donagli una possibilità di chiarire o elaborare ancora. Formule come “Provo a riassumere per vedere se ho capito” sono molto utili per dimostrare che vuoi entrare in contatto con chi ha condiviso un’idea o un’opinione.

Negli spazi virtuali è importante uno sguardo d’insieme

Nelle riunioni online con tanti partecipanti, siamo portati a guardare solo la persona che parla, dimenticando gli altri. O, peggio, quando qualcuno sta condividendo una presentazione, dimentichiamo tutto il resto. Mentre è fondamentale osservare il volto di tutti e capire – anche attraverso le microespressioni – se ci sono persone disinteressate o che mostrano insofferenza perché non condividono il messaggio o perché qualcuno sta parlando troppo. E quindi, dopo aver notato il distacco di una persona, è importante coinvolgerla. Ma attento: dare la parola a qualcuno in disaccordo, e farlo notare a tutti, può essere un boomerang. In molti casi è sempre meglio iniziare con un messaggio privato, esplorare il suo stato d’animo e chiedere se vuole farsi avanti. In alternativa puoi farti tu promotore di una rimostranza.

Riconosci lo stile di comunicazione dei tuoi colleghi

Non ci apriamo tutti allo stesso modo. Alcuni di noi sono più timidi nei meeting con tante persone, altri tirano fuori il proprio carisma solo in pubblico. E poi, con lo smart working, i canali di comunicazione sono tantissimi: email, chat, telefonate, documenti di lavoro condiviso. Ed è sempre più importante capire queste differenze, per stabilire il giusto livello di coinvolgimento. Per esempio, se il tuo interlocutore manda email lacunose, può essere il caso di contattarlo direttamente. Mentre ci sono persone molto più a proprio agio con la parola scritta, dove scrivono testi molto chiari e dettagliati, in questo caso meglio non provocare forzature con le comunicazioni estemporanee. Ancora una volta è fondamentale l’osservazione. Quando un canale di comunicazione veicola poca empatia, è il caso di passare ad altro. Mai imporre il proprio stile ad altri, meglio essere più fluidi possibile.

E tu, riesci a mantenere l’empatia anche nei rapporti lavorativi digitali? Che ne pensi del “nunchi”? Raccontacelo nei commenti!

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