Dall’Amazzonia al Borneo, i polmoni verdi del nostro pianeta sono seriamente minacciati. Tutto questo aggrava i cambiamenti climatici a cui già assistiamo. Grazie agli investimenti sostenibili, possiamo limitare i danni
La deforestazione è uno dei più grandi problemi ambientali della nostra epoca: dall’Amazzonia al Borneo, i polmoni del nostro pianeta stanno collassando a un ritmo senza precedenti. Secondo il WWF, se non fermiamo il trend attuale di deforestazione, entro il 2030 perderemo fino a 170 milioni di ettari di foreste. Il disboscamento in atto rischia di mutare completamente il nostro ecosistema, con conseguenze terribili: dall’intensificarsi dell’effetto serra al rischio idrogeologico, senza contare la minore biodiversità. Cosa possiamo fare per fermare tutto questo? A oggi i trattati internazionali sembrano funzionare poco. Esiste però un settore che più di tutti può essere determinante: è il settore finanziario, coinvolto sia indirettamente che direttamente nel dirigere i flussi d’investimento verso determinate aziende e settori economici.
Le nostre foreste stanno scomparendo. L’ultimo rapporto IPCC sull’interazione tra territorio e cambiamento climatico mette in guardia sullo stato precario del sistema terrestre, già in evidente stato di sovra-sfruttamento. Attualmente le attività di disboscamento, gli incendi e le attività agricole sono responsabili di circa il 23% delle emissioni totali di gas serra. Quasi la metà di questo valore viene dalla deforestazione causata dagli incendi (circa 5 miliardi di tonnellate di CO2/anno) a causa dell’immissione non solo di CO2 in atmosfera, ma anche di altri potenti gas serra come il metano e il protossido di azoto che si creano nel processo di combustione. Ma perché le nostre foreste vanno in fumo? Per favorire le cosiddette “monocolture” più redditizie come la soia, la palma da olio, il caffè e il cacao, che contribuiscono all’80% della deforestazione, soprattutto nelle aree tropicali. E per quanto le istituzioni internazionali provino ad arginare il problema, i trattati, come quello di Parigi siglato nel 2015, non stanno per niente macinando i risultati sperati.
Le conseguenze sul sistema sociale ed economico. I fenomeni atmosferici estremi costituiscono un grande pericolo anche per la nostra stabilità economica. Per esempio, le alluvioni possono causare ingenti danni ad abitazioni, strade, scuole e via dicendo, mentre la siccità può compromettere le coltivazioni, da cui dipende il nostro nutrimento e il nutrimento degli animali che alleviamo, con conseguenze lungo tutta la filiera alimentare. Questo non è un problema futuro: le Nazioni Unite hanno stimato che ad oggi il deterioramento del suolo e la conseguente perdita di biodiversità hanno già influito sulla vita di 3,2 miliardi di persone. E il mercato finanziario non è da meno. Oltre ai pericoli reputazionali per le imprese inquinanti, è il settore assicurativo a essere particolarmente esposto agli effetti del cambiamento climatico: l’aumento delle calamità naturali provoca un incremento delle richieste di risarcimento, mentre la crescita dei rischi determina un rialzo dei premi, rendendo i servizi assicurativi inaccessibili per un crescente numero di persone.
La finanza etica? Sempre più determinante. Come abbiamo visto, né i trattati internazionali né i governi nazionali stanno riuscendo a limitare il disboscamento e l’aumento delle emissioni di CO2. Ma c’è un settore che più di tutti sembra poter contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici. È la finanza, più precisamente il mondo degli investimenti. Come affermato dall’OCSE, le politiche volte alla lotta ai cambiamenti climatici sono rilevanti per la crescita e lo sviluppo solo se introdotte in sinergia con riforme strutturali e investimenti sostenibili. Ma come si possono direzionare gli investimenti verso pratiche e società rispettose dell’ambiente? Attraverso il Sustainable Responsible Investing (SRI, o Investimento Sostenibile e Responsabile), un approccio di investimento che considera i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nella selezione e nella gestione degli strumenti finanziari. Questo tipo di finanza, chiamata anche “finanza d’impatto”, investe in aziende che operano nel rispetto dell’ambiente e che generano impatti sociali e ambientali positivi e misurabili.
Investire per salvare il pianeta. Quali impatti possono avere gli investimenti sostenibili sull’ecosistema? Prima di tutto, prediligendo le aziende “etiche” si dà un impulso alla trasformazione degli attuali processi produttivi, inquinanti, in processi che implichino un differente uso delle materie prime, un approvvigionamento energetico sostenibile, ma anche l’adeguamento delle infrastrutture e dei modelli organizzativi a nuovi standard etici. Investimenti dirottati su questi fattori, insomma, possono contribuire a mettere fine all’inerzia del modello economico tradizionale, favorendo un maggiore rispetto dell’ambiente. Ma il mondo degli investimenti si sta realmente dirigendo verso attività finanziarie più sostenibili? Secondo l’ultimo rapporto elaborato dalla Global Sustainable Investment Alliance, gli asset degli investimenti sostenibili globali sono in continuo aumento: solo nel 2018 hanno raggiunto un valore di 30.683 miliardi di dollari, contro i 22.890 miliardi del 2016, pari a un incremento del 34,2%. Un punto di partenza incoraggiante.
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