Come il Covid-19 sta cambiando le nostre abitudini

C’è chi teorizza un nuovo sistema economico in cui l’analogico verrà definitivamente scalzato dal digitale. Ma vediamo come già oggi la pandemia in corso sta modificando i nostri usi e costumi

Prima o poi torneremo alla normalità. O forse no? In queste settimane è circolata un’opinione di Gideon Lichfield, editor in chief della MIT Technology Review, rivista del Massachusetts Institute of Technology. Per fermare il coronavirus, dice in sostanza Lichfield, siamo stati costretti a modificare profondamente il modo in cui lavoriamo, socializziamo, facciamo acquisti, gestiamo la nostra salute, educhiamo i nostri figli e ci prendiamo cura dei nostri familiari. Nell’ottica di far rientrare la curva dei contagi entro limiti sostenibili per i reparti di terapia intensiva e le strutture sanitarie, non abbiamo avuto scelta. Ma la domanda è: finita quella che alcuni definiscono “guerra”, torneremo al mondo di prima? O forse i nostri stili di vita e consumo cambieranno per sempre?

Fine del mondo che conosciamo? Cambieranno, secondo Lichfield, e per due fondamentali ragioni: la prima è che l’emergenza non finirà presto, e fino a quando non troveremo un vaccino potremmo andare incontro a quarantene a intermittenza; la seconda è che prima o poi ci sarà una nuova pandemia, quindi dobbiamo prepararci. Un paragone che può aiutarci a capire è quello con l’11 settembre 2001: un tragico attentato ha rivoluzionato ogni protocollo di sicurezza che conoscevamo.
“Non è la fine del mondo. È la fine del mondo che conosciamo”, ha scritto Christian Rocca, direttore editoriale de Linkiesta, che parla apertamente di “corona economy”. La quale “non sarà una semplice evoluzione dell’esistente, ma un cambiamento epocale della nostra società”. Dal punto di vista di Rocca, è come se il virus stesse eliminando le ultime sacche di resistenza alla rivoluzione digitale, “completando definitivamente il rovesciamento radicale del vecchio mondo causato da Internet”. Quindi, dopo il virus, “non solo cambieremo abitudini e consumi, ma diventeremo un popolo pienamente digitale”. Anche perché assai più diffidente verso tutto quello che è contatto fisico e vicinanza sociale.

Come cambiano le nostre abitudini. Fin qui la teoria. Ma, nel breve, come stanno già cambiando le nostre abitudini? I puntuali aggiornamenti forniti da Nielsen Global Connect in Italia sull’effettivo impatto del COVID-19 sul sentiment degli italiani ci dicono che quasi tutti si informano almeno una volta al giorno sulla situazione sanitaria, e più della metà si dichiara preoccupato. Ben volentieri, quindi, le principali contromisure per evitare i contagi hanno trovato accoglienza nelle nostre case. Al primo posto lavarsi le mani frequentemente e bene come mai prima d’ora, ma anche il ricorso a strumenti e comportamenti di protezione per sé e gli altri, come l’utilizzo di disinfettanti e la nuova abitudine di ripararsi nell’incavo del gomito quando si starnutisce o tossisce. In crescita, compatibilmente con la loro disponibilità, l’uso di mascherine.
C’è poi tutto il tema del lavoro, con le relative incertezze e i temuti impatti sul reddito, e dello smart working per chi può praticarlo: l’attuale situazione ha impresso una spinta innegabile al lavoro a distanza. Ma anche allo smart learning, con effetti ancora tutti da scoprire sull’istruzione scolastica. Nel tempo libero è aumentata la fruizione di contenuti video in tv e sulle piattaforme online. Giù, invece, la frequenza delle visite a supermercati e negozi di alimentari, con un parallelo incremento della propensione a fare scorte.

Ecommerce, ma non solo. A trarre beneficio dalla situazione, fa notare sempre Nielsen Connect, non è solo l’ecommerce, ma anche il negozio di vicinato, da tempo in affanno per via dell’impatto della Grande Distribuzione Organizzata e tornato centrale in un momento in cui gli spostamenti fuori comune vanno giustificati da comprovate, reali e serie esigenze.
E cosa comprano gli italiani? Nielsen Connect suddivide gli acquisti in tre categorie, a seconda della necessità per soddisfare la quale vengono effettuati:

  • effetto “stock”: latte a lunga conservazione, pasta, conserve animali, farina, uova, surgelati, caffè macinato, burro, acqua in bottiglia (che surclassa tutte le altre nel comparto bevande), riso e conserve rosse;
  • effetto “prevenzione e salute”: guanti, detergenti per superfici, carta igienica, carta casa, sapone per le mani liquido e solido, candeggina, salviettine umidificate, alcol denaturato, termometri e fazzolettini di carta;
  • effetto “resto a casa” (della serie, aperitivo-fai-da-te): affettati, mozzarelle, patatine, birre alcoliche; ma pure “comfort food”, il famigerato “cibo consolatorio”: spalmabili dolci, pizza surgelata, tavolette e barrette di cioccolato.

Non stupirà, invece, il calo di molti segmenti del comparto make-up e profumeria.

Gli effetti sui vari comparti. Come e quanto la pandemia in corso inciderà sulle nostre vite è un interrogativo che evidentemente si stanno ponendo anche gli investitori, come dimostrano i cali delle ultime settimane sui listini azionari. Cali che, per quanto generalizzati, se si va a vedere hanno diversamente colpito i vari settori, a seconda dell’impatto che la “nuova normalità” avrà sulle nostre vite e sull’economia.
Pressione non indifferente sul comparto auto e sulle compagnie aree, per non parlare del “viaggio di svago”: il settore crociere potrebbe non navigare in buone acque per qualche mese almeno. Non che lusso e made in Italy se la passino meglio, alle prese prima col rallentamento di Cina e Hong Kong, poi con quello del turismo che porta in Italia i “big spender”, e poi ancora con la frenata del nostro Paese: le aziende nostrane, in affanno, andranno difese più che mai dagli assalti dei colossi mondiali in vena di shopping.
Diversa la musica per il biomedicale, in prima linea nella lotta alla pandemia. Per finire, due parole sui servizi bancari e finanziari: la frenata economica e l’aumento dello spread peseranno sulle banche, ma lato clienti la possibilità di fare tutto o quasi dallo smartphone – il consulente finanziario, per dirne una, può diventare più presente a distanza – darà all’evoluzione digitale del settore la possibilità di fare un ulteriore, decisivo, passo avanti.

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