Ostinarsi a vedere nessi causali dove invece domina il caos: si chiama fallacia dello scommettitore ed è una delle trappole cognitive in cui incappano non solo i giocatori d’azzardo, ma anche gli investitori. Vediamo come non caderne vittime
“Il titolo che ho in portafoglio ha perso valore nelle ultime sedute: ora con ogni probabilità ricomincerà a salire”. Se vi riconoscete in questo pensiero, sappiate che siete caduti vittima di uno dei bias cognitivi più indagati dalla finanza comportamentale. Nello specifico, la “fallacia dello scommettitore”.
Di cosa stiamo parlando? Sebbene qualsiasi investitore desideri (e spesso sia convinto di) gestire i propri investimenti in modo totalmente logico e razionale, la verità è che la nostra componente emotiva tende a prendere il sopravvento senza che ce ne rendiamo conto. E a farci cadere in una serie di “trappole mentali” che ci allontanano dalla “retta via” della razionalità. La fallacia dello scommettitore – o gambler’s fallacy – è una di queste: si tratta di un errore logico che induce gli individui a considerare brevi sequenze dettate dal caso come statisticamente rilevanti. In altre parole: ci convinciamo che eventi capitati nel passato influiscano su eventi futuri quando invece non esistono nessi causali perché a governarli è esclusivamente il caso. Un errore diffuso negli investimenti, ma non solo. Il nome deriva da un altro ambito in cui è frequente riscontrare questo comportamento: il gioco d’azzardo.
Il lancio di una moneta. Facciamo un esempio concreto. Quando ci apprestiamo a lanciare una moneta (supponendo che sia perfettamente tonda e liscia), la probabilità di ottenere “testa” è esattamente pari al 50% (quindi 0,5), così come quella di ottenere “croce”. Invece, prima del lancio, la probabilità di ottenere due volte consecutive “testa” è 0,5×0,5=0,25 (una su quattro), quella di ottenere tre volte consecutive “testa” è 0,5×0,5×0,5= 0,125 (una su otto), e via di seguito. A ogni nuovo lancio, però, le probabilità di ottenere “testa” o “croce” al lancio successivo sono sempre 0,5 e 0,5. Supponiamo che sia uscita per quattro volte consecutive “testa”: un individuo vittima della fallacia dello scommettitore potrebbe pensare – dal momento che la probabilità di una successione di cinque “testa” consecutive è di 1 su 32 – di avere una probabilità di solo 1 su 32 che al prossimo tentativo esca “testa”. Ma il ragionamento è errato: la probabilità che a un nuovo lancio esca “testa” o “croce”, come detto, è sempre pari al 50%, quindi una su due. È vero anche che la probabilità di una successione di cinque “testa” consecutive è solo 1 su 32, ma questo vale solo prima del primo lancio della moneta.
Come difendersi dai bias cognitivi? Lo stesso discorso, mutatis mutandis, vale per gli investimenti: se un’azione ha chiuso due sedute in rosso, non significa affatto che la probabilità di chiuderne una terza in calo sia bassa. Non avevate mai sentito parlare di fallacia dello scommettitore? Male: secondo l’ultimo Rapporto CONSOB sulle scelte finanziarie delle famiglie italiane, “un quarto degli intervistati sembra esposto a errori riconducibili alla gambler’s fallacy”. Uno su quattro: non proprio una quota marginale. Si tratta quindi di un bias al quale gli italiani non sono immuni. Ma come ci si può difendere dai bias cognitivi? Purtroppo, non esiste una strategia per rendersi immuni dagli errori comportamentali negli investimenti – così come in altri ambiti. L’unica cosa utile che possiamo fare è cercare di diventare più consapevoli: essere a conoscenza di un pericolo ci rende più vigili e attenti, pronti a cogliere i primi segnali di allerta. Questo discorso può rivelarsi interessante anche per gli investitori: chi ha familiarità con le basi della behavioral finance può riconoscere il proprio comportamento irrazionale e cercare di evitare le “trappole” per prendere decisioni il più possibile ragionate.
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