Il coronavirus getta ombre cinesi sulla crescita globale

L’effettivo impatto economico dell’epidemia è ancora molto difficile da quantificare, ma un rallentamento della crescita, in Cina e su scala globale, è ormai scontato

Da quando, lo scorso 7 gennaio, le autorità cinesi hanno confermato di aver identificato un nuovo virus è stato un crescendo: oggi il coronavirus è sulla bocca di tutti, con il bilancio di vittime e di infetti che si aggiorna di ora in ora e il panico da contagio che sta raggiungendo livelli di allerta. L’emergenza, va detto, è reale: il virus si è diffuso ampiamente oltreconfine, arrivando a toccare 25 Paesi, dall’Asia all’Europa fino al Nord America, con quasi 500 vittime accertate (la stragrande maggioranza in Cina) e oltre 24 mila casi rilevati.

Quali ripercussioni sull’economia globale? L’effetto economico dell’epidemia è ancora molto difficile da quantificare, ma appare verosimile che nel Paese del Dragone – già provato dalla guerra commerciale del 2018-2019 – si verificherà un inatteso rallentamento della crescita, almeno nel primo trimestre del 2020, soprattutto per effetto del calo delle vendite al dettaglio e del turismo. Oxford Economics stima un impatto del 2% sul Prodotto Interno Lordo cinese del primo trimestre e un calo della crescita complessiva 2020 al 5,4% (dal 6% previsto precedentemente). E un indebolimento del gigante cinese peserà inevitabilmente sul resto del mondo. Nel tentativo di farsi un’idea sulla possibile entità dei danni su scala globale, la mente corre all’epidemia di SARS del 2003, il cui coronavirus fra l’altro apparteneva alla stessa famiglia dell’attuale nCoV-2019: l’impatto negativo sul PIL cinese di quell’anno fu stimato nell’ordine dell’1%, mentre a livello globale, secondo le stime del Centre for Economics and Business Research, furono bruciati dai 30 ai 100 miliardi di dollari, pari a un range compreso tra lo 0,08% e lo 0,25% del PIL mondiale.

La globalizzazione fa da cassa di risonanza. Il problema è che, rispetto ad allora, l’economia è molto più globalizzata e interconnessa. Il traffico aereo, per esempio, è più che raddoppiato in questi 17 anni. E il turismo cinese, che in passato si orientava prevalentemente entro i confini nazionali, oggi costituisce una quota significativa del turismo globale. Significa che la diffusione del nuovo coronavirus potrebbe essere più rapida rispetto al 2003, così come l’impatto negativo sull’economia potrebbe essere più incisivo. Questo in un contesto in cui, già prima che diventasse pandemica l’attenzione sul nuovo coronavirus, il Fondo Monetario Internazionale prevedeva una crescita cinese e globale più modesta nei prossimi anni: per Pechino un +5,8% quest’anno, un +5,9% nel 2021 e poi a calare, fino al +5,5% del 2024.

Coronavirus

E sul fronte finanziario? Naturalmente i mercati, da sempre in balia dell’emotività degli investitori, non sono rimasti immuni alla preoccupazione collettiva: l’indice di Shanghai SSE Composite – nonostante la chiusura prolungata oltre le festività del Capodanno lunare proprio a causa dell’emergenza sanitaria – perde il 7,6% da inizio anno, mentre il CSI 300 segna una performance year-to-date del -6,5% (dati aggiornati al 5 febbraio 2020). Anche le materie prime risentono dell’effetto coronavirus: la Cina è infatti il cuore pulsante del mercato globale delle commodities e più a lungo le fabbriche rimarranno chiuse, i viaggi limitati e le costruzioni in stallo, maggiore sarà l’impatto negativo sulla domanda. Gli effetti del virus su questa asset class sono già evidenti: a fine gennaio i prezzi del rame erano scesi dell’8,5% rispetto al picco di metà mese, mentre il petrolio ICE Brent era precipitato di quasi il 10%.

Molti analisti, tuttavia, sono concordi nel dire che i cali, seppur significativi, saranno con ogni probabilità limitati nel tempo. Esattamente com’era successo con la SARS: una volta rientrata l’emergenza, le quotazioni dovrebbero rimbalzare per riportarsi rapidamente su livelli “normali”. In quest’ottica, anzi, gli attuali ribassi potrebbero offrire un’interessante opportunità di ingresso a prezzi stracciati nel mercato azionario cinese.

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