Investment return, investor return, total return: quali sono le differenze e a quale bisogna guardare per conoscere il reale ritorno di un nostro investimento?
Ogni investimento finanziario, dicono gli esperti, ci può dare due tipi di rendimento: uno riferito all’investimento in sé, il cosiddetto investment return, e uno riferito all’investitore, ovvero l’investor return. Quale differenza potrà mai esserci tra investment return e investor return? All’apparenza, stiamo parlando di due concetti del tutto simili. Nella realtà, esistono varie differenze, per nulla trascurabili. Vediamo di scoprire quali. E di capire – quando parliamo di fondi – in che cosa l’investor return differisce dal rendimento totale, meglio noto come total return.
Investment return vs investor return. Andiamo dritti al punto. L’investment return è il rendimento dello strumento d’investimento (per esempio, un fondo comune) a prescindere dal comportamento dell’investitore. Se costui/costei detenesse senza interruzioni uno strumento finanziario, allora l’investment return equivarrebbe all’investor return. Altrimenti, l’investor return è da intendersi come il ritorno dell’investimento che tiene conto delle azioni compiute dall’investitore. Pensando per esempio a un fondo, l’investor return dipende da quanto il suo sottoscrittore investe e disinveste e in quale momento. In sostanza, dipende moltissimo dal market timing.
Il market timing, lo ricordiamo, è quella strategia che punta a individuare il momento migliore per entrare e uscire dai mercati, presupponendo che sia possibile anticipare i movimenti dei prezzi comprando sui minimi e vendendo sui massimi. Il problema è che mettere in pratica questo assunto non è affatto semplice, ed è pressoché impossibile per l’investitore medio, che coniuga in sé scarsa dimestichezza con i mercati finanziari e un’elevata emotività.
Negli investimenti non vince chi fugge. Di fronte a una correzione, l’investitore medio tende a farsi prendere dal panico e a vendere. Salvo poi, davanti a robusti rialzi, mettersi nel solco dell’euforia comprando gli strumenti finanziari più “di tendenza”, seguendo il gregge e/o i ragionamenti – non sempre supportati da competenze specifiche – di parenti e amici. Il che può rivelarsi dannoso per il portafoglio.
E invece, pensate un po’, la chiave per assicurarsi un più soddisfacente investor return è restare investiti. Già, perché – come abbiamo detto altre volte – più che il market timing a contare è il “tempo nel mercato”: vale a dire, appunto, stare investiti. Per dirla con Chris Menon, analista di Morningstar, “nel tentativo di evitare i giorni peggiori, si perdono quasi sempre anche quelli migliori”. In altre parole, uscire precipitosamente dal mercato aumenta – e di molto – il rischio di “mancare” i recuperi successivi, e ciò danneggia non poco la performance di lungo termine. Conviene piuttosto mettere a punto un piano d’investimento, magari con l’assistenza di un consulente, e ad esso attenersi sempre, anche quando sembra che le cose non vadano proprio benissimo.
Investor return e total return: le differenze. Abbiamo citato Morningstar non a caso. La società di servizi finanziari ha da tempo posto la questione dell’investor return con riferimento ai fondi comuni. La cui performance viene normalmente misurata attraverso il total return, ovvero il rendimento complessivo calcolato su un determinato periodo di tempo. Ciò però presume, da parte dell’investitore, una strategia “buy&hold”: compro la quota del fondo e me la tengo. Ma la vita vera va in un’altra direzione, dal momento che, come sottolinea Morningstar, gli investitori possono entrare e uscire diverse volte da un fondo.
Ed è qui che entra in gioco l’investor return, il quale tiene conto dei flussi legati ad acquisti e cessioni. Integrando così la più tradizionale metrica del total return, che ci dice quanto gli investitori avrebbero guadagnato se avessero comprato e tenuto il fondo, reinvestendo tutti i dividendi, in un certo arco di tempo. Curiosità: quando l’investor return è più basso del total return, vuol dire che il numero di investitori interessati dai ribassi supera quello di chi ha beneficiato dei rialzi; viceversa, significa che i sottoscrittori che hanno tratto beneficio della fase rialzista sono di più di quelli che invece sono stati penalizzati dai cali.
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