L’ultimo Bollettino economico targato Bankitalia, come da attese, descrive una situazione economica non proprio rosea, tra produzione industriale in calo e contrazione dei consumi. Ma le misure europee potrebbero aiutare
Il bollettino di palazzo Koch è un appuntamento trimestrale imperdibile per conoscere il quadro presente e futuro dell’economia italiana. Quello di luglio è purtroppo a tinte cupe: riviste al ribasso le stime sul nostro PIL, la ripresa nei prossimi due anni sarà lenta e graduale con una spada di Damocle sulla testa, le garanzia statali attivabili sulla base delle misure finora varate, garanzie pari a oltre 500 miliardi che potrebbero pesantemente gravare sulle finanze pubbliche. Ma vediamo nel dettaglio cosa ci attende e come ha reagito finora la nostra economia alla pandemia.
Contrazioni marcate del Pil nel secondo trimestre. Di quanto si è contratto il nostro Prodotto Interno Lordo? In base alle informazioni fornite, la caduta verificatasi nel primo trimestre (-5,35) si sarebbe accentuata nel complesso del secondo trimestre: ora è pari a circa il 10 per cento. Si hai capito bene, -10% in tre mesi. Cosa ha contribuito a questa discesa? Niente sorprese, a pesare è stata soprattutto la contrazione della domanda interna, particolarmente marcata per la spesa delle famiglie e per gli investimenti fissi lordi. Ma non solo domanda interna… Anche il commercio con l’estero è stato negativo con una flessione delle esportazioni più ampia di quella delle importazioni (va da sé che se compri più di vendere la tua situazione economica non sarà stabile a lungo tempo). Nelle ultime settimane sono emersi segnali di ripresa, ma secondo Bankitalia i rischi perdureranno.
Industrie ko: produzione nelle fabbriche ai minimi storici. Non è bastata la flessione del primo trimestre (-8,4 per cento): la produzione industriale ha registrato un’ulteriore brusca caduta in aprile (-19,1 per cento sul mese precedente), risentendo della sospensione delle attività “non essenziali”. La maggioranza delle aziende segnala che gli effetti dell’epidemia si sono avuti principalmente attraverso una riduzione della domanda, sia interna sia estera; per circa un quinto delle imprese a causa degli ostacoli all’approvvigionamento delle materie prime; una quota minoritaria, prevalentemente nel settore dei servizi, ha indicato anche la minore disponibilità di forza lavoro. Più della metà delle imprese si attende un calo della domanda per i prossimi tre mesi. Notizie cupe a parte, vediamo il bicchiere mezzo pieno: con la rimozione dei provvedimenti di chiusura l’attività industriale è tornata a crescere in maggio e giugno complessivamente di circa il 40 per cento rispetto ad aprile, e, in maggio e giugno, gli indici dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Index, PMI) hanno recuperato buona parte della caduta registrata in marzo e aprile, specie nella manifattura.
E i consumi diminuiscono. Flessione dei consumi annunciata anche nel secondo trimestre, anche durante il ritorno ad una pseudo normalità, in particolare per alcune tipologie di servizi e per i beni durevoli. Secondo l’indicatore dei consumi elaborato da Confcommercio la spesa delle famiglie si è pressoché dimezzata nei mesi di marzo e aprile rispetto a febbraio, con una riduzione particolarmente accentuata per i servizi; in maggio l’indicatore si è ripreso, ma è rimasto circa il 30 per cento al di sotto del livello osservato prima dello scoppio della pandemia. Quindi non è stato solo il lockdown… secondo palazzo Koch infatti metà delle famiglie da loro intervistate si attende un peggioramento della propria condizione economica nei prossimi dodici mesi e ha intenzione di rivedere la composizione dei consumi, riducendo prima di tutto le proprie spese per turismo e attività ricreative. Ma le vacanze non sono il solo problema: i nuclei familiari con redditi più bassi segnalano difficoltà anche nel pagamento di bollette e debiti esistenti.
Più pensionati che lavoratori: un nuovo triste record. Conosci più pensionati o lavoratori? La domanda non è così banale… questo mese infatti in Italia è stato registrato un nuovo record: ci sono attualmente più persone in pensione che sotto contratto di lavoro. La colpa? Principalmente del covid, a causa del quale alla fine di aprile sono state rilevate circa 500.000 posizioni lavorative in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, prevalentemente per la mancata attivazione di nuovi contratti a tempo determinato. Di conseguenza, il numero delle pensioni erogate in Italia ha superato quello degli occupati al termine del periodo di «lockdown». Se nello scorso maggio coloro che avevano un impiego lavorativo sono scesi a 22,77 milioni di unità, le pensioni sono passate a 22,78 milioni secondo la Cgia di Mestre. Il sorpasso è avvenuto in questi ultimi mesi e in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che ora supera i 293 miliardi di euro all’anno.
Un po’ di ottimismo: qualche dato incoraggiante. Il futuro non è tutto a tinte nere: Bankitalia ha riservato l’ultima parte del suo bollettino alle previsioni per i prossimi due anni. Lo scenario di base presuppone che le condizioni economico-finanziarie nel complesso non si aggraveranno ulteriormente, grazie soprattutto alle misure adottate dal Consiglio direttivo della BCE e agli interventi governativi a sostegno della liquidità delle imprese. Tra queste, particolare rilievo avrà lo strumento Next Generation EU proposto in maggio dalla Commissione europea. Rimanendo ottimisti quindi Bankitalia si attende che il PIL registri molto probabilmente una graduale ripresa nel prossimo biennio (4,8 per cento nel 2021 e 2,4 nel 2022 e che l’occupazione recuperi circa tre quarti della caduta. Tutto dipende però dallo scongiuramento di un nuovo lockdown e dall’ammontare di risorse di cui sarà possibile beneficiare. Anche le ulteriori espansioni di bilancio annunciate nella prima metà di giugno in Francia e, soprattutto, in Germania potrebbero influenzare favorevolmente la nostra economia per via dei forti legami produttivi e commerciali che ci legano.
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