I partiti tradizionali hanno registrato un calo verticale dei consensi, a tutto vantaggio delle nuove formazioni. Inclusa l’estrema destra nazionalista e sovranista. Ma gli investitori non si sono agitati e hanno tenuto gli occhi puntati su altri temi
Crollo dei partiti tradizionali da un lato, ascesa dei Verdi e della destra estrema dall’altro. È l’ennesimo risultato emblematico, quello delle elezioni tenutesi domenica 14 ottobre in Baviera, la regione più ricca e la seconda più popolosa della Germania, con quasi 13 milioni di abitanti e più di 9 milioni di elettori, dopo il Nordrhein-Westfalen. Qui hanno sede alcune delle società più importanti del Paese, come BMW e Siemens.
Perché parliamo di Baviera? Anche se quello bavarese potrebbe sembrare un evento piuttosto marginale, in realtà l’intera Europa lo ha seguito con attenzione per cogliere segnali ed eventuali spie di allarme circa il destino non solo della Germania – il 6 dicembre si terrà il congresso della CDU di Angela Merkel, che eleggerà il suo nuovo leader e non è detto che sia di nuovo la Merkel, indebolita dalle frizioni che da mesi minano la Grande Coalizione del governo nazionale (con la SPD) – ma anche del progetto europeo nel suo complesso, su cui ultimamente aleggiano diverse ombre. La più scura e densa è quella che si allunga fino alla fine di maggio 2019: dal 23 al 26, nei 27 Stati membri dell’Unione Europea (mancherà all’appello, per la prima volta, il Regno Unito) si voterà per il rinnovo del Parlamento UE, e la consultazione potrebbe veder prevalere le forze nazionaliste e sovraniste. Come Alternative für Deutschland. E questo ci riporta in Baviera.
Com’è andato il voto in Baviera? L’Unione Cristiano Sociale (CSU), partito alleato dell’Unione Cristiano-Democratica di Germania (la CDU) della cancelliera tedesca Angela Merkel, ha perso una grande quantità di voti fermandosi poco sopra il 37,3% (pur restando il primo partito della regione) e non riuscirà dunque ad avere una maggioranza assoluta nel Parlamento locale. È il risultato peggiore dal 1950. Dal 1962, i conservatori dell’Unione Cristiano-Sociale avevano perso solo una volta la maggioranza assoluta, nel 2008, per ritrovarla poi nel 2013. La CSU, con la sua maggioranza relativa, dovrà quindi governare insieme a un’altra forza politica. Anche l’altro grande partito di massa, il Partito Socialdemocratico (SPD), ha visto crollare i propri consensi, riuscendo a ottenere solo il 9,7% dei voti contro il 20,6% delle precedenti elezioni, nel 2013. Da segnalare invece la decisa ascesa dei Verdi, che sono arrivati al 17,5% piazzandosi al secondo posto dietro il CSU. Bene infine l’estrema destra euroscettica dell’Alternative für Deutschland, che nel 2013 non esisteva e che cinque anni dopo si è aggiudicata il 10,7%, un risultato che le consentirà di entrare per la prima volta in Parlamento anche in Baviera.
La reazione (pacata) dei mercati. La giornata di lunedì 15 ottobre – il “day after” del voto in Baviera – è stata caratterizzata da una buona dose di volatilità, ma comunque si è chiusa senza particolari scossoni sui mercati azionari europei. Francoforte, anzi, è stata maglia rosa della seduta in Europa, nonostante il voto bavarese che come visto ha sancito una sconfitta per gli alleati della cancelliera Merkel. Un buon termometro dell’agitazione, in questi casi, è il rendimento sulle scadenze brevi dei titoli di Stato: ma anche qui, come si vede, nessun movimento che possa far pensare a uno shock.
Le scadenze brevi, in genere, sono le più “tranquille”, motivo per cui si tende a interpretare l’eventuale impennata dei rendimenti come il sintomo di investitori in preda a un’agitazione non di poco conto. Non è questo il caso, come mostra il nostro grafico. Dunque restano altre, a livello internazionale, le variabili che preoccupano e fanno oscillare i mercati: dalla Legge di Bilancio italiana (il 15 ottobre il Documento Programmatico di Bilancio è partito alla volta di Bruxelles) alle tensioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita dopo la scomparsa del giornalista Jamal Khashoggi, fino al braccio di ferro commerciale tra il colosso USA e quello cinese. La scossa tellurica, se c’è stata, non è stata percepita: difficilmente potremmo dire lo stesso dopo le elezioni europee del prossimo anno.
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