Vendite allo scoperto, cosa sono e come funzionano

Il Financial Times ha scelto come “persona dell’anno” George Soros, ricordato da molti per la sua operazione di short selling sulla lira agli inizi degli anni Novanta. Vediamo di capire come funziona questo tipo di operazione

La prendiamo alla larga. Il Financial Times è il maggiore quotidiano finanziario del Regno Unito. Ogni 12 mesi, seleziona una “persona dell’anno”. Nel 2018 ha scelto George Soros, miliardario e filantropo ungherese naturalizzato statunitense, classe 1930. Ai più, Soros è noto per l’operazione di vendita allo scoperto sulla lira italiana messa in atto nel 1992, in piena crisi valutaria. Una nota sul suo cv, questa, che lo rende inviso a molti. E il fatto che non sempre si hanno le idee chiare su cosa sia e come funzioni la vendita allo scoperto alimenta il clima di sospetto. Vediamo quindi di saperne di più.

Short selling tra mito e realtà. Ogni tanto qualcuno, a vari livelli, propone o dispone il divieto di vendita allo scoperto su un determinato strumento o tipo di strumenti. Per chi fosse sprovvisto di una conoscenza seppur minima in materia, ecco la nostra breve guida. La vendita allo scoperto – nota anche come short selling – consiste nella cessione di strumenti finanziari – siano essi titoli azionari, obbligazionari, valute o altro – che non si possiedono, allo scopo di ricomprarli poi a un prezzo inferiore. Un’operazione che in genere si mette in pratica quando si ha la ragionevole convinzione che quel determinato strumento è destinato a perdere ulteriormente valore e, dunque, il riacquisto avverrà a una somma più bassa rispetto a quella concordata per la precedente vendita.

Dove sta il guadagno? Se la convinzione di partenza trova riscontro nella realtà, succede quanto segue. Il trader Giorgio è convinto che il titolo azionario emesso dalla società Lyrah e quotato in Borsa è in “fase ribassista”, ovvero in un periodo di cali destinati a continuare. Decide quindi di vendere 10 mila azioni Lyrah, anche se non ce le ha. Il prezzo corrente è di 7 euro: quindi le vende e ne guadagna 70 mila (di euro). Qualche giorno dopo, le ricompra: ma siccome il valore delle azioni è sceso ancora, per finalizzare l’acquisto ora gli bastano 60 mila euro. Alla fine, ne ha guadagnati circa 10 mila.

Inversione di logica. Vige insomma una logica inversa rispetto a quella che è alla base delle operazioni finanziarie in cui si vende quello che si possiede: più il valore del titolo scende, più Giorgio guadagna. Comunque vada, non è stato lui a causare, con la sua operazione, l’avvio della fase ribassista: infatti è entrato in azione quando ha ritenuto che questa fase fosse già bella che avviata per conto suo (e per altre, e più complesse, ragioni). Ma proprio perché lo short selling interviene quando uno strumento si trova in difficoltà, spesso lo si vieta: si ritiene infatti che possa peggiorare la situazione già critica in corso.

Vendere qualcosa che non si possiede: come? Interviene un terzo soggetto, l’intermediario finanziario (detto anche broker). L’intermediario presta temporaneamente a Giorgio lo strumento finanziario oggetto di vendita allo scoperto. In cambio, Giorgio gli corrisponderà un interesse annuo commisurato al valore e alla durata in giorni dell’operazione. Per il broker è previsto anche il cosiddetto “margine di garanzia”: quando Giorgio vende e incassa i 70 mila euro, il broker congela questo denaro insieme al margine di garanzia, che equivale a una percentuale sui 70 mila euro (per esempio, il 50%). Si tratta, in sostanza, di un’“assicurazione” per l’intermediario, a copertura del rischio che l’operazione non vada a buon fine. Cosa che accade se il valore del titolo sale invece di scendere. Se invece tutto va secondo i piani, alla fine Giorgio guadagnerà la differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto (10 mila euro) meno l’interesse annuo calibrato sui tre giorni dell’operazione da versare al broker (al quale restituisce le azioni).

Non è un’operazione per tutte le tasche. Oltre ai rischi e ai costi, la vendita allo scoperto prevede una serie di limiti e condizioni da tenere in considerazione.

  • Quando un investitore vende qualcosa che possiede, il suo profitto potenziale non ha un limite, mentre ne ha uno la perdita che potrebbe subire nel peggiore dei casi, la quale corrisponde a tutto il capitale investito. Nello short selling vale l’esatto opposto: il profitto non può superare un livello massimo che si può ipotizzare già a priori, mentre la perdita è potenzialmente illimitata.
  • Se durante il prestito la società Lyrah distribuisce dividendi o altri utili soggetti a ritenuta, il broker può addebitare a Giorgio una commissione straordinaria pari alla cifra del dividendo o dell’utile distribuito. Inoltre, l’intermediario può estinguere in anticipo la vendita allo scoperto in presenza di operazioni societarie come, per esempio, un aumento di capitale.

In conclusione, è chiaro che questo genere di operazione richiede un mix di capacità, preparazione, mente lucida, sangue freddo e propensione a “scommettere” – non a caso la vendita allo scoperto è nota anche come “scommessa al ribasso” – che la rendono alla portata di poche persone super-specializzate. E sicuramente non alla portata di un medio investitore italiano normale, al quale si addice molto di più un obiettivo di investimento orientato al lungo termine e, ça va sans dire, a una giusta dose di buon senso e cautela.

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