Hai mai sentito parlare di G20?

Il primo dicembre l’Italia ha assunto la presidenza del G20. Cos’è, a cosa serve e quali responsabilità comporta la sua guida? Scoprilo con noi

No, stavolta non c’entrano i Giga e la larghezza di banda. Questa volta parliamo di Paesi, aree economiche, potenze mondiali del passato, del presente e del futuro. Attori dell’economia e della politica con un importante peso specifico a livello globale che periodicamente si riuniscono per fare il punto su varie questioni. Una volta c’era il G7, il summit delle prime sette nazioni per forza economica. Oggi al G7 si affianca il G20, o Gruppo dei 20: raduna ben 20 Paesi e aree economiche, anche emergenti, che tutte assieme rappresentano – pensa – il 78% del Prodotto Interno Lordo globale, il 60% della popolazione mondiale e il 74% delle emissioni di gas serra sul nostro pianeta.

Come spiegano Antonio Villafranca e Matteo Villa dell’ISPI nell’approfondimento “Il G20 del 2021: il summit ‘italiano’ nell’anno della pandemia”, il G20, come il G7, “non ha un segretariato permanente e l’organizzazione è affidata di anno in anno al Paese che assume la presidenza del vertice”. Perché ne parliamo? Perché il primo dicembre 2020 è stata l’Italia ad assumere la presidenza del G20, in vista del vertice dei leader che dovrebbe svolgersi a Roma il 30 e 31 ottobre.

Italia alla guida del G20 nell’anno della pandemia

Una presidenza che arriva in un anno d’incertezza, ancora nel pieno della pandemia. È quindi più importante che mai che il G20 del 2021 sia efficace ed efficiente, con il giusto spazio a poche ma chiare priorità. Cosa ovvia, magari. Eppure non semplice: la natura stessa del G20 – un’arena di confronto nata nel 1999 sulla scia della crisi asiatica, che raccoglie non solo i leader di Paesi democratici e con economie avanzate, come il G7, ma anche un significativo numero di Paesi non democratici ed emergenti – e i suoi meccanismi di funzionamento creano spesso sovraffollamento tematico e divergenze non di rado profonde.

L’allargamento della partecipazione ha infatti progressivamente ampliato il perimetro degli argomenti e i punti di frattura sugli stessi. L’esito di tutto questo? Il susseguirsi, negli anni, di comunicati finali dai toni alquanto vaghi e generici. Per usare le parole di Villafranca e Villa, questi summit hanno finito con l’essere percepiti come “caotici, incapaci di dare risposta ai problemi che l’opinione pubblica sente come più vicini e rilevanti”. Insomma, c’è da lavorare sulla messa a fuoco dei temi su cui concentrare gli sforzi congiunti. Uno è, sicuramente, il contrasto della pandemia e dei suoi effetti.

Il mondo che verrà dopo la crisi pandemica

La pandemia ha dato corpo alla più importante recessione globale dell’ultimo secolo e mezzo, a confronto della quale la crisi finanziaria del 2008-2009 pare quasi un trascurabile incidente di percorso: quella crisi, ricordano Villafranca e Villa, fece contrarre l’economia mondiale soltanto dello 0,1%, a fronte del -3,5% stimato dal Fondo Monetario Internazionale per il 2020. Per far fronte alle maggiori ripercussioni della pandemia, i governi dei Paesi del G20 hanno rivisto al rialzo le loro spese discrezionali di circa 11 trilioni di dollari, all’incirca il doppio dello stimolo economico e fiscale varato per la crisi del 2008-2009.

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Per il 2021 il Fondo Monetario Internazionale vede ripresa economica anche robusta, ma a velocità molto diverse. E in ogni caso, tra calo del PIL e stimoli attivati per fronteggiare l’emergenza anche sotto il profilo del lavoro, della povertà e delle disuguaglianze, “lo stock di debito pubblico nazionale tenderà a salire rapidamente, toccando un livello superiore al 100% del PIL”, scrivono i due autori. L’Italia, aggiungiamo noi, viaggia spedita verso quota 160%. Questo, insieme all’indebitamento privato, fa crescere “i rischi che alla crisi economica si associ una nuova crisi finanziaria internazionale”. Una delle sfide del G20 resta dunque quella di “mettere in sicurezza il sistema finanziario internazionale”.

Il reperimento delle risorse rimane la chiave di volta. Come fare? La tassazione è una delle risposte. Web tax in capo alle multinazionali del web, quindi: si punta a un accordo in sede OCSE entro metà 2021. Gli altri temi sul tavolo sono i cambiamenti climatici e l’energia sostenibile, lo sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà, le infrastrutture e il commercio internazionale, con un allentamento delle tensioni e delle incertezze che sembra a portata di mano ora che alla Casa Bianca c’è un nuovo presidente.

Effetto G20 sugli investimenti: cosa devi sapere?

Nel 2014 due economisti della BCE, Marco Lo Duca e Livio Stracca, hanno esaminato gli effetti sui mercati delle riunioni dei ministri e dei summit del G20 tra il 2007 e il 2013, in una fase di altissima volatilità, con eventi non di secondo piano come la crisi subprime, il fallimento della Lehman Brothers, la conseguente crisi finanziaria globale e la crisi del debito sovrano del 2011. Cosa è venuto fuori? Che, tolte un paio di eccezioni, gli effetti dei vertici del G20 sono stati modesti, di breve durata, “non sistematici e non robusti”.

C’è qualche prova, anche se non molto forte, del fatto che i vertici del G20 hanno avuto un lieve effetto calmante sui mercati, con annesso debole calo dei prezzi delle obbligazioni dei Paesi avanzati, sintomo di un certo impatto “risk on” (che si riscontra laddove c’è più appetito per il rischio, dunque per le azioni). Ma per il resto, secondo lo studio, contenuti e decisioni del G20, almeno fino al 2013, hanno avuto una rilevanza immediata limitata per gli investitori o sono stati incorporati nei prezzi già prima che le riunioni avessero luogo. E anche dopo il 2013 non sembra sia andata in modo troppo diverso. 

Forse è l’agenda dei summit, tanto ricca e variegata da risultare confusa, o forse sono le note conclusive, così generiche da risultare poco impattanti. Chissà che la pandemia di Covid-19 non segni un cambio di passo pure su questo.

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