Un giovane designer ligure ci porta nel mondo delle professioni creative del futuro, a cavallo tra linguaggi ibridi e nuove tecnologie. Leggi la sua intervista
Illustratore, modellatore 3D, interior designer: Antonio Borghese, classe ’95, rappresenta il creativo del futuro.
A contraddistinguere le opere di Antonio è lo stile unico e personale, la sinergia e ibridazione dei linguaggi visivi, la sua capacità di lavorare a cavallo tra settori diversi e il sapersi destreggiare e soddisfare diverse richieste di mercato.
In un certo senso, Borghese è anche un perfetto rappresentante per la generazione degli slash worker che ti avevamo raccontato in questo articolo.
Come nasce la tua passione per il design?
«È qualcosa che parte da quando ero un ragazzino e andavo ancora a scuola; passavo parte del mio tempo libero a studiarmi gli arredi e le case, la mia prima fissazione fu la famosa Casa sulla cascata di Frank Lloyd Wright. È in quel momento che ho iniziato a realizzare i miei primi prototipi e concept, mi sono innamorato del design per il suo impatto estetico più che per la parte funzionale. Quei primi progetti erano molto elementari, ma ho conservato quel quaderno, perché è stato davvero l’inizio di qualcosa».
E l’illustrazione come entra nel tuo percorso?
«Grazie alla passione e al mio profilo Instagram. Ho sempre disegnato, inizialmente ho sperimentato tanto con il realismo, poi col tempo ho trovato uno stile che oggi riesco a definire davvero mio, con le mie elaborazioni grafiche a tema spazio e universo. A quel punto ho iniziato a condividerle sui social, lì un mio contatto le ha viste e mi ha chiesto di fare qualcosa del genere per casa sua. Abbiamo scelto i colori, il tono, le sensazioni da trasmettere, e poi ho fatto il lavoro a domicilio. In un certo senso è come se fossi un writer da interni. Ed è così che è iniziato questo percorso parallelo».
credits: @ ab_illustrations
Per usare una metafora spaziale, la carriera di Antonio Borghese assomiglia un pò a un sistema solare con al centro un unico Sole: la passione per il design e l’illustrazione.
Attorno ad esso tutto si muove, a partire dalla formazione, con un doppio corso all’Istituto Europeo di Design a Milano dove Antonio ha studiato design e rendering. Da lì è seguito un corso in modellazione 3D che gli ha dato gli strumenti necessari per dare forma al suo stile e renderlo ancora più immersivo. Poi un soggiorno in Irlanda per perfezionare l’inglese e un’esperienza nello studio del grande architetto e designer Marco Piva a Milano; infine l’inizio di una carriera da libero professionista. Oggi Antonio si rivolge sia a privati «che vogliono provare a immaginare uno spazio dall’interno prima di arredarlo», sia – come consulente – a studi di architettura che non possiedono internamente il know-how necessario per realizzare opere 3D. Progetto del momento? «Di recente ho fatto un lavoro di design di interni completo per una nuova pasticceria».
In che modo la tecnologia immersiva sta cambiando il tuo lavoro?
«La realtà aumentata e virtuale è in parte già il presente e sarà sicuramente il futuro. La progettazione non sarà più statica, la tecnologia ci permette di creare spazi visibili ed esplorabili a 360 gradi, con la possibilità di camminarci dentro grazie a un visore, fare delle azioni, testare l’ambiente. Questo presto sarà lo standard del design. E vale anche per la semplice illustrazione, che andrà sempre più verso il mondo dell’animazione».
Come te lo immagini questo futuro immersivo tra dieci anni?
«C’è qualcosa che l’alta moda ha già iniziato a sperimentare con le sfilate durante i lockdown e che diventerà il nuovo modo di fare shopping. Mi immagino dunque una perfetta ibridazione tra spazio reale ed e-commerce: luoghi reali ma virtualmente accessibili in digitale, allestiti e visitabili come se fossero negozi nella tua città, dove scegliere vestiti o accessori, provarli, comprarli, e anche fare esperienze, partecipare a eventi».
Che consigli daresti a chi vuole prepararsi a lavorare in questo campo?
«Accettare che il percorso è fatto di tentativi ed errori, che sbagliare è normale, che girare a vuoto fa parte dell’ordine delle cose. Poi fare ogni tipo di esperienza, e studiare, studiare tantissimo a livello tecnico. E ovviamente crederci sempre, senza mollare mai».
Per poter visualizzare i commenti devi accettare i cookie facoltativi, clicca qui per cambiare le tue impostazioni sui cookie.