I mercati tra Brexit e coronavirus

Di fronte alla pandemia del virus partito dalla Cina, gli investitori hanno iniziato a manifestare preoccupazioni per le prospettive di crescita globale. Nel frattempo in Europa la Brexit è realtà

Mercati gennaio 2020

Ciao, sono il coronavirus. Ovvero, un virus “cugino” di quelli che anni fa provocarono la pandemia di SARS e MERS. Il focolaio in Cina, nella popolosa città di Wuhan (11 milioni di abitanti). Centinaia i decessi, decine di migliaia i contagiati. Tralasciando la psicosi di massa in Occidente e in Italia – con fuga dai locali gestiti da cinesi e genitori che chiedono la quarantena per i compagni di classe dei figli che hanno origini asiatiche – c’è una certa ansia anche sui mercati. Solo che questa appare decisamente più fondata.

Le ripercussioni sull’economia. Economisti e analisti ricordano come la SARS pesò su trasporti, svaghi e turismo e, di riflesso, sulla crescita economica, e ritengono che lo stesso possa avvenire con il nuovo coronavirus. Tanto più che la Cina di oggi è un’economia in transizione, nella quale i consumi interni giocano un ruolo molto più importante rispetto ai primi anni Duemila. Per non parlare di quanto la crescita cinese conti ai fini della crescita globale. Sia come sia, il blocco dei voli da e per la Cina è già realtà, così come lo stop agli spostamenti dentro il Paese. Decine di milioni di cinesi sono in quarantena nelle loro stesse città. Dalla banca centrale cinese è arrivata una maxi-iniezione di liquidità a supporto dell’economia del Paese: 1.200 miliardi di yuan, pari a circa 174 miliardi di dollari.

Per fortuna ci sono i beni rifugio. Gli investitori hanno assistito a tutto questo e in gennaio si sono allontanati dagli asset rischiosi preferendo i porti sicuri. Quindi giù i listini azionari, che hanno archiviato il primo mese negativo da agosto, e il petrolio, in previsione di un rallentamento economico. Bene oro, yen e Treasuries.

I riflessi sul commercio. Secondo molti osservatori, non mancheranno. Quel che per il momento si può dire è che mercoledì 15 gennaio il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump e il vice premier cinese Liu He hanno firmato una prima intesa sui dazi: la Cina nei prossimi due anni comprerà prodotti statunitensi per circa 200 miliardi di dollari, mentre gli States cancelleranno parte dei dazi a carico di Pechino. Il Dipartimento del Tesoro USA ha rimosso l’etichetta di “manipolatore di valute” imposta alla Cina ad agosto. Approvato intanto il nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada.

Tensione fra Teheran e Washington. Il 2020 è iniziato con lo spettro di una guerra, dopo l’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani da parte degli Stati Uniti. Uno spettro quasi subito sopito, anche se le tensioni fra i due Paesi persistono.

Israele vs. Palestina, il piano di Trump. Di certo il Medioriente rimane un tasto dolente per l’amministrazione USA. Il presidente Trump ha presentato il suo piano per risolvere il conflitto israelo-palestinese: Gerusalemme capitale di Israele, cui andrebbe la maggior parte degli insediamenti in Cisgiordania; istituzione di uno Stato palestinese con Gerusalemme Est capitale e 50 miliardi di aiuti USA in cambio del riconoscimento di Israele e della rinuncia all’uso della violenza e alla formazione di un esercito. Entusiasta il leader israeliano Benjamin Netanyahu, decisamente meno il presidente palestinese Abu Mazen.

UE-UK, finalmente separati. Alle 23:00 di Londra di venerdì 31 gennaio 2020 è scattata la Brexit: il Regno Unito è fuori dall’Unione Europea. Ma per il momento è più corretto parlare di separazione: è iniziato infatti un periodo di transizione, che durerà fino al 31 dicembre 2020, durante il quale Londra e Bruxelles dovranno mettersi d’accordo sulle relazioni future. Nel frattempo, il Regno Unito resta nell’unione doganale e nel mercato unico, rispettando le norme dell’UE ma senza partecipare alle decisioni dei 27 Paesi.

Alla Scozia non va giù. Tant’è che ha chiesto un secondo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito dopo quello del 2014: l’obiettivo sarebbe staccarsi e tornare in UE. Richiesta già formalmente rigettata dal primo ministro inglese Boris Johnson. La sua omologa scozzese Nicola Sturgeon non sembra voler rinunciare all’obiettivo, pur puntando a evitare un secondo caso Catalogna.

La cautela delle banche centrali. Il governatore uscente della Bank of England Mark Carney ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Regno Unito nel 2020: +0,8%. Ma ha modificato al rialzo quelle per il 2021, al +1,5%. Nel frattempo, la banca centrale ha lasciato i tassi allo 0,75%. Anche in casa Fed rimane tutto fermo nella prima riunione dell’anno: siamo ancora nel range 1,5%-1,75%. Tassi confermati nell’area euro, con la BCE che comunque rivedrà la strategia di politica monetaria avviata nel 2003. Politica monetaria che invece resta del tutto invariata in Giappone.

Brevi note sulla crescita. Il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato di un decimo le previsioni di crescita del PIL globale, al 3,3% per il 2020 e 3,4% per il 2021. Per l’Italia stima un +0,5% quest’anno e un +0,7% il prossimo. Volgendo lo sguardo al passato recentissimo, abbiamo che nel quarto trimestre del 2019 gli USA sono cresciuti del +2,1%, chiudendo l’anno con un +2,3%: bene, ma meno del 3% promesso da Trump. Nel 2019 il PIL tedesco è cresciuto dello 0,6%, decisamente meno rispetto al 2018 e al 2017.

L’Europa pensa in verde. La Commissione Europea ha presentato il suo Green Deal, che punta a mobilitare mille miliardi di euro nei prossimi 10 anni tra fondi privati e pubblici per rendere il Vecchio Continente il primo gruppo di Stati a emissioni zero entro il 2050.

Ma così fa di nuovo arrabbiare Trump. Dopo la web tax, per la quale il presidente USA ha minacciato ritorsioni commerciali, è stata prospettata una carbon tax, che pure è alquanto indigesta al commander-in-chief. Non solo: la Commissione UE ha presentato agli Stati membri una serie di raccomandazioni per rendere più sicure le reti 5G, senza escludere esplicitamente Huawei, la “bestia nera” dell’amministrazione USA.

Questi inglesi, che delusione. Il governo inglese ha guastato il clima festoso che regnava a Washington nell’immediato post Brexit facendo sapere che continuerà a servirsi di componenti fornite dal colosso cinese per realizzare la rete nazionale 5G, escludendo le “parti sensibili”: gli USA, che insistono per l’esclusione totale per motivi di sicurezza, si sono detti “delusi”.

Impeachment, sentenza vicina. A gennaio si è aperto al Senato USA l’iter formale del processo di impeachment, già votato alla Camera, a carico di Trump: sentenza (e assoluzione) attesa per mercoledì 5 febbraio.

Spread in calo in Italia. Giù il rendimento del BTP decennale e lo spread dopo i risultati delle elezioni regionali del 26 gennaio. L’osservata speciale era l’Emilia-Romagna, dove ha vinto il governatore uscente Stefano Bonaccini (centrosinistra): un esito che rende meno probabile un ritorno anticipato alle urne.

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