Il 40% dei residui dei capi sintetici finiscono direttamente in mare. Ecco tre strategie per evitare che ogni bucato sia un disastro ecologico
Hai mai riflettuto su quanto possa inquinare il carico di una lavatrice? Non si tratta soltanto di acque reflue e detergenti, ma anche dei residui delle microfibre, che negli ultimi anni sono diventati uno dei grandi stress ecologici per gli oceani. Un ciclo di lavaggio di soli capi sintetici produce fino a un milione di microfibre, tutte di dimensioni inferiori a 5 millimetri, il 40% non viene intercettato da nessun impianto e completa il suo viaggio solo in mare. Sono dati della ricerca A New Textiles Economy della fondazione Ellen MacArthur: ogni anno la nostra disattenzione scarica in mare mezzo milione di tonnellate di microfibre, come se gettassimo in acqua cinquanta miliardi di bottiglie di plastica. A questo punto è giusto chiedersi cosa può fare ciascuno di noi per ridurre questo drammatico inquinamento. La risposta è: comportamenti, consumi, tecnologia.
Lavaggi più sostenibili. Il primo intervento che puoi fare è “come” usi la lavatrice: durata, velocità, carico, tutto contribuisce. A partire dal detersivo: quello liquido è più virtuoso ed ecologico di quello in polvere. La granulosità di quest’ultimo crea un effetto abrasione sui tessuti, produce più attrito e rilascia più microfibre alla fine del lavaggio. La temperatura è un altro aspetto cruciale: quelle elevate colpiscono in modo più deciso i tessuti, ne modificano la struttura e producono più residui. Ogni grado in meno significa meno plastica negli oceani. Chi vuole diminuire l’inquinamento da microfibre deve anche ridurre la velocità della centrifuga: più è elevata e più i capi saranno stressati, sottoposti a sollecitazioni e rovinati, con conseguente dispersione di microfibre. Infine, sono meno inquinanti i cicli di lavaggio più brevi e i cestelli meno carichi.
Consumi più consapevoli. Il secondo passo è intervenire direttamente sui vestiti che compri, prendendo la buona abitudine di sceglierli (anche) in base a quanto inquineranno. In linea di massima, i capi da evitare sarebbero tutti quelli in materiale sintetico. Al loro interno però ci sono diverse distinzioni da fare, se non si vuole scegliere una strada così radicale e poco pratica. Per avere il senso delle proporzioni, secondo una ricerca dell’University College of Dublin, su un carico da 6 kg i tessuti misti cotone e poliestere rilasciano quasi 138mila fibre, il poliestere circa 496mila e l’acrilico 729mila. Il discorso va però allargato alle nostre più generali abitudini di consumo: lavare meno spesso, comprare meno vestiti, riciclare e riutilizzare di più quello che abbiamo in casa sono tutte abitudini virtuose che incidono anche su quanto inquinamento produrranno i nostri armadi e le nostre lavatrici.
Un aiuto dalla tecnologia. Una terza strategia per ridurre le microfibre prodotte dei nostri lavaggi è fare un investimento in tecnologia. Per esempio, c’è la famosa Cora Ball, creata dal Rozalia Project for a Clean Ocean e finanziata in crowdfunding su Kickstarter. Si tratta di una sfera che cattura le microfibre che vagano per il cestello dopo essersi staccate dai vestiti, evitando che finiscano negli scarichi della lavatrice. Si compra online, costa circa 38 dollari e riduce i residui dei capi sintetici del 26%. Un’altra soluzione è il sacco Guppy Friend (circa 30 dollari, ordinabile online): i vestiti vanno inseriti al suo interno e lavati così. L’acqua passa attraverso le sue maglie, l’azione della lavatrice rimane efficace ma le microfibre vengono intercettate dal sacco, per poi essere raccolte alla fine del bucato e buttate nella spazzatura invece che negli scarichi. Per chi vuole spendere un po’ di più, c’è la possibilità di inserire dei filtri per le microfibre sia all’interno che all’esterno della lavatrice. Devono essere montati da un tecnico, costano sempre sopra i 100 euro ma garantiscono una protezione quasi totale.
Quale strategia contro le microfibre ti sembra la più efficace? Sei attento all’impatto ecologico dei tuoi lavaggi?
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