A breve farà il debutto anche in Italia la discussa sugar tax. L'imposta sui produttori di bibite gassate e zuccherate punta a disincentivare il consumo di questi prodotti e ridurre l'obesità infantile. Ma sulla sua reale efficacia i dubbi sono ancora tanti.
Con qualche anno di ritardo rispetto al resto d’Europa e del mondo, quest’anno farà il suo debutto in Italia la tanto discussa Sugar tax. Nelle ultime ore, a causa dell’emergenza Coronavirus, l’imposta continua a far discutere perché alcune forze politiche dell’opposizione ne hanno chiesto l’abolizione, assieme alla plastic tax, in partenza da luglio. Ma cos’è esattamente la Sugar tax? Si tratta di un’imposta introdotta dall’ultima Legge di Bilancio che mira a limitare il consumo di bevande zuccherate, specie tra i più giovani, con l’obiettivo di limitare l’insorgenza di obesità infantile e di patologie correlate.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità è uno strumento utile. Attualmente la Sugar tax viene applicata in 39 nazioni ed è una realtà ormai consolidata in diverse parti del mondo. In Europa ci hanno preceduto Belgio, Catalogna (Regione autonoma), Estonia, Finlandia, Francia, Lettonia, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e Ungheria. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha da sempre sostenuto l’applicazione di queste imposte in ambito nazionale, ritenendole misure valide per limitare carie, obesità e diabete di tipo 2, di cui le bevande gassate o zuccherate sono ritenuti responsabili. Ma come siamo messi in ambito italiano? I numeri dell’obesità tra bambini e ragazzi italiani destano preoccupazione: secondo i dati riportarti da DataRoom di Milena Gabbanelli, in Italia circa il 10% dei ragazzi tra i 10 e i 19 anni è obeso. La percentuale aumenta al 14,9% per le bambine di età compresa tra i 5 e i 9 anni e arriva al 20,5% per i bambini della stessa fascia di età. La condizione di obesità infantile è preoccupante perché coincide con una maggiore probabilità di sviluppare altre patologie da adulto ed è anche per questo che, in Italia, il diabete è in continuo aumento. Le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in questo senso parlano chiaro: il consumo quotidiano di zucchero deve essere limitato e la dose giornaliera non deve superare i 5 cucchiaini, per un totale di 25 grammi. Il rischio di superare queste indicazioni può essere reale, anche perché spesso lo zucchero viene utilizzato come ingrediente nei prodotti più impensati. Così si finisce per consumarlo senza neanche accorgersene.
Come funzionerà la Sugar tax italiana. A differenza di quanto avviene negli altri Paesi in cui è già in vigore una qualche forma di Sugar tax, in Italia l’imposta funzionerà diversamente. A cominciare dal fatto che andrà a colpire esclusivamente le bevande, tralasciando quindi altri prodotti ricchi di zucchero. Nonostante una prima bozza di testo che prevedeva la tassazione anche di snack e merendine, la versione definitiva si concentra esclusivamente sui cosiddetti soft drink. La nostra Sugar tax, introdotta dall’ultima legge di bilancio, mira direttamente a colpire la produzione di bevande gassate e zuccherate per convincere i produttori a ridurre le quantità di zuccheri ed edulcoranti da questi prodotti, rivedendo le ricette. In pratica, perciò, produttori nazionali e importatori dovranno mettere in conto l’aggiunta di una tassa non progressiva pari a 10 centesimi di euro al litro sulle bevande che superano i 25 grammi di zucchero che, tradotti su un formato d’acquisto standard come per esempio una lattina da 330 ml, significa 3 centesimi di euro in più. Con questa formulazione, in definitiva, l’imposta andrebbe a colpire, seppur in maniera non importante, gran parte delle bibite zuccherate che trovate attualmente sugli scaffali dei supermercati italiani.
Avrà realmente efficacia nel disincentivare il consumo di bevande zuccherate? Si stima che la Sugar tax possa portare nelle casse dello Stato circa 233 milioni di euro per il 2020, quindi 261 milioni per il 2021 e 256 milioni per il 2022. Ma esistono dubbi riguardo la sua reale efficacia nel disincentivare il consumo di questi prodotti. Questo perché, secondo alcuni, è ritenuta poco impattante sul prezzo finale. In primis è l’Organizzazione Mondiale della Sanità a ritenerla poco efficace nella formulazione italiana, dal momento che per produrre un effetto sulla riduzione dei consumi bisognerebbe prevedere rincari di almeno il 20% sul prezzo di vendita. Esistono anche perplessità riguardo il fatto che questa tassa possa ricadere indirettamente sui consumatori, con un incremento dei prezzi al dettaglio imposto dai produttori, e che possa avere ripercussioni anche sui lavoratori degli stabilimenti italiani, come per esempio quelli del gruppo Coca Cola HBC.
Le sanzioni per i produttori che non la versano. Cosa succederà ai produttori che non verseranno la Sugar tax? In questo la Legge di Bilancio risulta piuttosto chiara e prevede da subito un sistema di sanzioni per gli evasori e per chi paga in ritardo. Nel primo caso è prevista una sanzione amministrativa che va dal doppio a 10 volte l’imposta evasa, con una soglia minima di 500 euro. Per chi paga in ritardo, invece, la sanzione sarà pari al 30% della tassa, per un minimo di 250 euro.
Pensate che iniziative come la Sugar tax possano davvero aiutare i cittadini a intraprendere un cambio di rotta e adottare comportamenti più responsabili anche a tavola? Diteci la vostra tra i commenti.
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