La volatilità, in sé, è una caratteristica insita in ogni titolo, ma può essere più o meno alta a seconda dello strumento e del momento storico, e tende a salire nei periodi di maggiore turbolenza. Tutto quello che c’è da sapere
Esistono molti modi per leggere il rischio di un investimento: dalle metriche di rischio estremo, come il Max Drawdown o il Value at Risk (VAR) agli indici di diversificazione, fino alle misure di rischio più generali come la volatilità.
La parola chiave è “incertezza”. Ne avete sentito parlare spesso, nelle ultime settimane? Ecco, allora potreste esservi accorti che attualmente aleggia un’oscura presenza sui mercati finanziari, che fa capolinea puntualmente durante i periodi di turbolenze economiche. È infatti in tali periodi che l’incertezza tra gli investitori può determinare una più rapida oscillazione dei prezzi degli strumenti finanziari: in questo, sostanzialmente, consiste la volatilità. Ultimamente, anche le categorie di investimento tradizionalmente più “tranquille” e meno volatili, come le obbligazioni, stanno oscillando più del solito. Allora, vediamo di capire cos’è e come si legge la volatilità.
Tutto sulla volatilità (e come si legge). L’obiettivo della volatilità, metrica legata al concetto di dispersione dei rendimenti (e quindi al concetto di incertezza), è darci un’idea su quanto i nostri investimenti possano regalarci sorprese in futuro. Ma senza bisogno di farsi prendere dal panico: un po’ di volatilità sui mercati è inevitabile, come il colesterolo nel nostro sangue. Quel che deve interessarci/impensierirci è l’entità del valore. Per loro stessa natura, infatti, le quotazioni degli strumenti finanziari oscillano nel breve termine ed è praticamente impossibile avere in portafoglio un titolo non volatile. Esistono, tuttavia, categorie di strumenti finanziari storicamente più “altalenanti” di altri. Come stanarli?
Tre modi per calcolare la volatilità. La volatilità si può calcolare in diversi modi, ciascuno pensato per darci informazioni diverse sul rischio dei nostri investimenti.
Cos’è l’indice VIX? A livello globale, l’indice VIX è una delle misure di volatilità a breve termine (30 giorni) più conosciuta e utilizzata dagli investitori di tutto il mondo. La sua formulazione si deve al Chicago Board of Options Exchange (CBOE), che nel 1992 iniziò a sviluppare uno strumento di volatilità negoziabile basato sui prezzi delle opzioni sull’indice azionario statunitense S&P 500. Dal 1993 il CBOE pubblica in tempo reale i dati del VIX. Oltre a calcolare la volatilità storica a breve termine, l’indice VIX può aiutarci a desumere la volatilità che gli operatori dei mercati finanziari si aspettano nei giorni successivi. In pratica, un aumento del VIX implica che gli operatori si attendono un incremento della volatilità in futuro.
Volatilità: quando è troppo alta? Solitamente una volatilità annua del 3-4% è considerata bassa, mentre occorre cominciare a preoccuparsi quando si supera il 15-20%. Molto, però, dipende dalle asset class.
Non solo: la volatilità varia moltissimo nel tempo, aumentando violentemente durante i periodi più turbolenti. Come, d’altra parte, vi abbiamo detto all’inizio del post.
Ricapitolando: qualche indicazione pratica. State per comprare uno strumento finanziario, sul prospetto informativo leggete che il titolo in questione ha una volatilità media del 6%. Cosa significa? Significa che, in un determinato arco temporale passato (di solito, appunto, gli ultimi 12, 36, 60 mesi), il prezzo di quel titolo ha oscillato intorno alla sua media (in positivo o in negativo) con una dispersione del 6%. Ed è proprio in questo caso si parla di volatilità storica, la quale può darci un’idea della volatilità futura di uno strumento attraverso l’osservazione delle variazioni dei range di prezzo in periodi antecedenti alla data di stima. L’ipotesi è che in generale la volatilità futura assumerà valori simili a quella registrata nel passato. E ciò potrebbe aiutarci nella valutazione.
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