Usi la bici, i mezzi pubblici, il carsharing o vai a piedi? Con WeCity le tratte percorse in modo sostenibile si traducono in premi. Il responsabile Paolo Ferri ci racconta come.
Come incentivare la mobilità sostenibile? Premiando chi si sposta in modo green. È questa l’idea alla base di WeCity, l’app sviluppata da un gruppo di ingegneri modenesi che ricompensa chi si sposta in bici, coi mezzi pubblici, col car sharing o condividendo l’auto. WeCity sfrutta un algoritmo capace di tradurre il tragitto percorso in CO2 risparmiata e in punti da usare per ottenere prodotti e servizi. I premi sono spesso affini alla mobilità sostenibile: biciclette pieghevoli o e-bike, buoni per il car sharing, biglietti del tram, accessori per ciclisti, viaggi in mete eco-friendly. Per capire meglio come funziona WeCity, abbiamo intervistato Paolo Ferri, responsabile del progetto.
Cos’è WeCity? WeCity è un’app che premia ogni forma di spostamento sostenibile: a piedi, in bici, con i mezzi pubblici o condividendo l’auto (in pratica tutti i mezzi tranne l’uso privato dell’automobile). L’app è costruita un po’ come un gioco. Gli utenti accumulano crediti nei loro spostamenti sostenibili, c’è una classifica in cui si può sapere chi è il più ecologico della propria città, e naturalmente si possono spendere i crediti per ricevere prodotti e servizi gratuiti o fortemente scontati.
Come funziona l’app e quali sono i premi? WeCity si scarica da App Store, Google Play e Windows Store, ci si registra e poi, prima di salire in bici, sui mezzi o di dare uno strappo a un amico, si fa il check-in. Alla fine del percorso si fa check out e il sistema calcola la CO2 risparmiata, che viene tradotta in crediti spendibili sullo store di Wecity. Per quanto riguarda i premi, che sono aggiornati settimanalmente, funziona un po’ come in un videogioco: ci sono vari livelli, con premi che si vincono pedalando 3 giorni e altri che richiedono circa 3 settimane. Alcuni prodotti e servizi possono essere richiesti non appena raggiunta la soglia di punteggio necessaria, altre volte vengono messi in asta.
Com’è nata l’idea? Andando in giro in bici per la città. Mentre ero nel traffico, guardavo le macchine accanto a me, che andavano alla stessa velocità, ma inquinavano e occupavano posto nei parcheggi e pensavo: “Io, che vado in bici e non inquino, mi meriterei un premio”!
Come fa WeCity a raccogliere questi dati con certezza? Come fa a sapere che non ho preso l’auto da solo? Abbiamo un algoritmo proprietario che è in grado di capire come ci si sta spostando, è a prova di truffa. In più siamo riusciti a ottenere una certificazione internazionale con cui rendiamo ufficiale l’apporto degli utenti nella riduzione della CO2. In questo modo per la prima volta, anche i privati cittadini, e non solo le nazioni, possono collaborare al protocollo di Kyoto. Anche le amministrazioni possono ottenere la certificazione per dimostrare che hanno fatto fronte ai propri impegni di riduzione dell’inquinamento.
Chi sta aderendo? Stiamo lavorando con alcuni comuni che hanno nella loro agenda la riduzione del traffico e il miglioramento della mobilità. Ad esempio, le pubbliche amministrazioni possono offrire sconti sui trasporti pubblici oppure corsi gratuiti, abbonamenti al teatro e così via. In cambio ricevono dati molto utili per pianificare la viabilità, perché i dati raccolti dall’app permettono di capire quali percorsi vengono preferiti da chi si sposta a piedi o in bici. Per esempio, SETA, l’azienda trasporti di Modena, Reggio Emilia e Piacenza, vuole promuovere anche l’intermobilità: bici più auto, che non si escludono a vicenda, per questo motivo SETA regala bici pieghevoli. Qual è stata la sfida principale nella creazione di WeCity? Nel 2013 c’era già l’idea ma bisognava mettere insieme il team. Nel 2014 eravamo pronti a partire ma avevamo esaurito i finanziamenti, e lì per fortuna ci ha aiutato un business angel. Il lancio è arrivato finalmente un anno e mezzo fa e ora siamo fieri di avere circa 20.000 utenti, ma non è stato facile raccogliere i fondi e trovare le persone giuste per formare la nostra startup.
A proposito di team, com’è formato il vostro? Abbiamo dai 28 ai 42 anni, c’è un nucleo di ingegneri, poi ci sono due esperti di comunicazione e due sviluppatori. Viviamo un po’ sparsi, io per esempio sono a Barcellona.
La tecnologia di oggi permette di portare avanti un grande progetto a distanza? Sì, certo, però quando abbiamo cominciato abitavamo tutti nella stessa città e anche oggi ci vediamo una volta al mese.
Qual è il prossimo passo per voi? Aumentare gli utenti. Abbiamo inoltre individuato delle criticità da migliorare e subito dopo Natale uscirà l’aggiornamento. Poi vogliamo aprirci all’Europa, soprattutto Inghilterra e Spagna, paesi dove il tema della mobilità sostenibile è più sentito.
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