L’ultimo mese dell’anno ha visto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge di Bilancio, con un rapporto deficit/PIL 2019 previsto a 2,04%. Preoccupa il rallentamento della Cina, mentre si aspetta il 15 gennaio per il voto della Camera inglese alla bozza di accordo per la Brexit
A dicembre più ombre che luci. Il mese di dicembre non è stato particolarmente brillante per i mercati finanziari, frenati dai dati deludenti sulla crescita cinese da un lato e dalle incognite su Brexit dall’altro, ma anche dalla mossa della Fed, che il mese scorso ha proceduto con il quarto rialzo dei tassi d’interesse del 2018: nonostante le pressioni del presidente Donald Trump per una politica monetaria più accomodante, infatti, il 19 dicembre la Federal Reserve ha annunciato un rialzo dei tassi di 25 punti base, al range tra il 2,25% e il 2,50%. Risultato? A parte il Ftse MIB, che è riuscito (per un soffio) a chiudere il mese con il segno “più”, i principali indici mondiali – Eurostoxx50 nel Vecchio Continente, ma soprattutto S&P500 negli USA e Nikkei in Giappone – hanno registrato performance decisamente negative.
Il 2018 dei mercati. Per quanto riguarda l’andamento nell’intero 2018, per Piazza Affari l’anno borsistico si è concluso il 28 dicembre all’insegna della retromarcia. Il Ftse MIB ha terminato infatti con un -16,2%. In buona compagnia: sul Vecchio Continente, il Dax di Francoforte, più sensibile al rallentamento del commercio globale, ha lasciato sul terreno il 18,3%. Negli USA è andata meglio, ma non di molto: alla chiusura del 20 dicembre 2018, l’S&P500 risultava in calo dell’8,5% circa da inizio anno e del -15,8% dai massimi di settembre. Così gli altri due indici statunitensi: -6,8% da inizio anno e -19,5% dal top 2018 per il Nasdaq e, rispettivamente, -9,6% e -14,5% per il Dow Jones.
Quotazioni petrolifere in calo. Il petrolio da parte sua ha visto un calo delle quotazioni del 5,4% il mese scorso, dopo il summit OPEC del 6 e 7 dicembre (che ha coinvolto anche i Paesi non OPEC come la Russia) in cui si è deciso di tagliare la produzione, a partire da gennaio e per sei mesi, di 1,2 milioni di barili al giorno (l’1% della produzione totale attuale) rispetto ai livelli di ottobre. Con la seguente suddivisione: 800.000 barili in meno dai Paesi OPEC e 400.000 dai non OPEC.
Shutdown negli Stati Uniti. Alla mezzanotte del 21 dicembre è scattato lo shutdown negli Stati Uniti: si tratta del blocco di una parte delle attività federali per assenza di fondi ed è causato dalla mancata approvazione del bilancio. I Democratici si sono infatti rifiutati di dare il loro nulla osta ai 5 miliardi di dollari USA richiesti dal presidente Donald Trump per costruire il muro al confine con il Messico. Lo shutdown comporta, fra le altre cose, stipendi a zero per i dipendenti pubblici.
La cautela della BCE. Non solo Fed: il consiglio direttivo della BCE, che si è riunito il 13 dicembre, ha lasciato invariati i tassi di interesse prevedendo che si manterranno sui livelli attuali “almeno fino all’estate del 2019”, e in ogni caso “finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine”.
Zona euro: la crescita del PIL rallenta. Intanto nel Vecchio Continente l’economia rallenta. Il PIL dell’area euro ha segnato il passo nel terzo trimestre, attestandosi al +0,2%, con l’Italia, la Germania e la Lituania che mostrano una variazione negativa. A livello di Eurozona, sempre nel terzo trimestre gli occupati sono saliti del +0,2%.
Finalmente la Legge di Bilancio. Dopo il lungo braccio di ferro tra governo italiano e Commissione UE, è stata finalmente approvata la Legge di Bilancio per il 2019. Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2018, il testo ha ottenuto l’ok finale della Camera il 30 dicembre, a valle della fiducia posta dal Governo il 28 dicembre (come già avvenuto al Senato). Il testo definitivo prevede un rapporto deficit/PIL al 2,04% nel 2019, meno del 2,4% inizialmente previsto, per evitare l’avvio della procedura di infrazione da parte di Bruxelles.
Brexit, slitta il voto sull’accordo. Sul fronte Brexit, il voto della Camera dei Comuni sulla bozza di accordo stilata dalla premier Theresa May con l’UE, inizialmente atteso per l’11 dicembre, è stato rinviato al 15 gennaio vista l’assenza di una maggioranza sufficiente. Ma l’esito della consultazione resta quanto mai incerto. In un’intervista alla Bbc, Theresa May ha ribadito che “se l’accordo non sarà approvato, entreremo in un territorio inesplorato”. May ha poi ripetuto di essere contraria a un secondo referendum sulla Brexit, che a suo avviso sarebbe “una mancanza di rispetto” verso la volontà espressa dagli elettori nel giugno del 2016. La scadenza per la definizione dei termini del divorzio tra Regno Unito e UE è fissata al 29 marzo 2019, giorno in cui scatterà la Brexit.
Continua a preoccupare il rallentamento cinese. L’indice PMI nel Paese del Dragone, che anticipa l’andamento nel settore manifatturiero, è sceso a dicembre a 49,7 punti, sotto la soglia dei 50 – che segna la demarcazione tra espansione e contrazione dell’economia – per la prima volta da 19 mesi. A novembre era a 50,2 punti. Non solo. Le vendite al dettaglio sono salite a novembre solo dell’8,1%, ai minimi da 15 anni, mentre la produzione industriale ha registrato sempre a novembre un +5,4%, che è comunque il minimo dal febbraio 2016.
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