I consigli del divulgatore scientifico Luca Mercalli su come introdurre i più piccoli a un tema delicato e importante come il riscaldamento globale
Da qualche anno il cambiamento climatico è entrato in modo massiccio nella conversazione pubblica. Dagli accordi di Parigi del 2015 è partita una mobilitazione politica globale, sono scesi in piazza i ragazzi dei Fridays for Future, sono emerse figure come Greta Thunberg. Insomma, un bambino oggi ne sente parlare spesso e inizia a vederne in prima persona gli effetti. Prima o poi verrà a chiederti: mamma, papà, che cosa è il cambiamento climatico? Uno strumento utile per cercare insieme le risposte giuste è affidarsi al libro Uffa che caldo!, scritto da Luca Mercalli, uno dei principali divulgatori italiani sull’argomento.
Mercalli, in che momento ha capito che bisognava iniziare a parlarne ai bambini?
«Ho parlato di questi temi a tutta la platea didattica, dalla materna fino al post-dottorato. Non ho figli, ma nipoti che entrano ora nell’adolescenza. Avendoli in casa, è sempre stata una mia preoccupazione aiutarli a digerire un tema non facile nemmeno per gli adulti, perché presuppone conoscenze scientifiche complesse. La parte difficile è sempre spiegare il perché delle cose».
La domanda eterna dei bambini: “Perché?”. Come la si affronta in questo caso?
«Il tema va diviso in tre parti: cause, quindi il perché, conseguenze e soluzioni. Ho scelto la metafora della Terra che comincia a sudare a causa del riscaldamento globale perché è una metafora facile da capire e da memorizzare. Poi ci sono le conseguenze, che sono più immediate da afferrare: un bambino capisce cosa è un uragano, una tempesta, la siccità. E infine, per le soluzioni, sono cose semplici, alla loro portata: fare pochi rifiuti, riciclare, non sprecare».
Perché è importante che i bambini sappiano cosa c’è in gioco? È questione di sviluppare una coscienza ecologica o di prepararsi a un mondo diverso?
«Capire a cosa andiamo incontro con il cambiamento climatico è un atto formativo per ogni cittadino. Trasmettere il senso di urgenza ai bambini può essere una leva di cambiamento anche per gli adulti, perché i più piccoli sanno spesso essere i più convincenti. Non penso invece che sia un investimento sugli adulti di domani, perché quando i bambini di oggi saranno cresciuti sarà già troppo tardi. È ora che bisogna agire, non tra vent’anni, e non spetta a loro».
Forse avrai già visto il meteorologo e climatologo Luca Mercalli alla trasmissione Che tempo che fa di Fabio Fazio: appare spesso sui media per aiutare spettatori di ogni età a gestire la complessità di un argomento fondamentale, vasto ormai un tema impossibile da evitare come il cambiamento climatico. Il 2020 è stato l’anno più caldo della storia, l’Italia è stata colpita da fenomeni estremi di ogni tipo, la stagione degli uragani atlantici è stata purtroppo da record. È uno scenario che può apparire fosco, soprattutto agli occhi di un bambino.
C’è il rischio di spaventare i più piccoli?
«Il punto è che la situazione è così critica che un po’ ci si deve spaventare. Senza paura non c’è azione, purtroppo lo abbiamo visto anche con il virus. La paura, nei bambini, può essere attenuata mostrandogli anche le soluzioni. Facendogli capire che un’evoluzione dell’economia e un modo sostenibile di vivere sono anche il modo di evitare gli scenari peggiori. Parlarne con i bambini è anche un modo per responsabilizzarci tutti. È un modo per dire: okay, la situazione è questa, ora mettiamoci insieme al lavoro».
Nella sua esperienza i bambini come reagiscono?
«I bambini capiscono bene i concetti fondamentali. L’immagine della febbre della Terra in questo è molto chiara. Due gradi in più possono sembrare pochi, ma prova a immaginarli sul tuo corpo e ricordarti come ti sentivi, quando avevi la febbre. In questo poi le immagini sono fondamentali per illustrare i concetti. E sulle soluzioni, i bambini reagiscono in modo straordinario. I piccoli atti ai quali possono partecipare attivamente, come la raccolta differenziata, diventano allo stesso tempo gioco e missione».
Cosa dovrebbe fare la scuola?
«La scuola è decisiva. Tra i docenti c’è una minoranza che si è istruita per conto proprio su questi argomenti, per passione civile e interesse personale. Purtroppo tanti sono ancora impreparati, perché sono argomenti che non appartengono a nessun percorso specifico, fanno fatica anche a entrare nell’università, figuriamoci a scuola. Il compito dei docenti è insegnare a fare collegamenti, far capire che, se c’è un’alluvione, non è solo maltempo. L’allagamento è dovuto anche alla nostra incuria. Il tema è interdisciplinare e servono strumenti interdisciplinari».
La comunicazione ambientalista ha bisogno di questo approccio incarnato da Mercalli, quello che ha trasmesso ai bimbi in Uffa che caldo! e ai lettori adulti in libri come Prepariamoci, Il clima che cambia e Non c’è più tempo. Il concetto chiave è saper unire i puntini: quello che succede in cielo e quello che succede a terra o nel mare sono eventi collegati, hanno le stesse cause e hanno bisogno di soluzioni di sistema. La divulgazione climatica non serve solo a far capire che l’argomento merita attenzione politica, ma anche che quello che facciamo a casa nostra, noi e i nostri figli, ha un effetto diretto sul futuro del pianeta. Ogni giorno dovremmo chiederci: cosa posso fare per rendere la vita più sostenibile sulla Terra?
Com’è stato il suo apprendistato personale al tema?
«Da ragazzino ero appassionato di ghiacciai. Erano gli anni ’80. Mi interessava la ricerca scientifica, non associavo il mio personale interesse a un attivismo civile. Mi appassionava lo studio del clima. Andavo sulle montagne a fare le mie rilevazioni e la cosa finiva lì».
In che momento ha capito che la situazione era grave e serviva una mobilitazione globale?
«Passiamo al decennio successivo, i primi anni caldi, inverni senza neve. Mi chiedevo: ma perché fa così caldo? Ho iniziato a leggere i primi report, non c’era Internet. Le informazioni filtravano lentamente nella società, ma per fortuna c’erano le riviste scientifiche. E allora ho capito che quei ghiacciai che sparivano sotto i miei piedi si scioglievano per colpa nostra. Non potevo studiare il clima senza occuparmi di sostenibilità. Mi sono appassionato di pannelli solari, riciclo, orti domestici, auto elettriche e tutti gli interventi sullo stile di vita che hanno il potere di cambiare il mondo. Il mio cammino è partito così».
Ti sei mai trovato a dover spiegare il cambiamento climatico ai tuoi figli? Raccontacelo nei commenti.
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